Ferdinando Tascini è uno di quei nomi che, a modo suo, ha fatto la storia ma che per un triste scherzo del destino non è ricordato tra i libri. Fu uno, l’ultimo in vita, dei 30 uomini dei Carabinieri che furono posti a sorvegliare Benito Mussolini durante la sua prigionia a Campo Imperatore, sul Gran Sasso dopo l’Armistizio di Cassabile. Prigionia piuttosto breve, che si concluse dopo appena 15 giorni con l’arrivo delle truppe tedesche di Adolf Hitler. Tornando a Tascini, recentemente ha compiuto 100 anni e ricorda con una ferma lucidità, ed un filo di commozione, quei giorni, dei quali ha voluto parlare in un’intervista per La Nazione.
Tascini e la prigionia di Mussolini sul Gran Sasso
“Era il 24 agosto 1943”, ricorda Tascini, parlando dell’ordine di recarsi al Gran Sasso per sorvegliare Benito Mussolini. “Il capitano disse di stare pronti perché saremmo partiti per una missione speciale. Non aggiunse altro. All’alba arrivammo alla stazione base di Campo Imperatore dove c’era una villa”. Lì, confusi sulla missione, lui ed altri 29 uomini dell’Arma attesero alcuni giorni.
Il 28 agosto, poi, “appena si fece giorno arrivò una macchina scura: scesero Mussolini e la sua scorta“, solamente in quel momento “capimmo che eravamo andati lì per fare da guardia alla prigionia del duce”. Interrogato dal giornalista de La Nazione, Tancini ha poi ricordato anche la figura del duce durante quelle giornate di prigionia. “Lui era abbattuto, viso scuro, taciturno, distrutto e parlava pochissimo, d’altronde la sua situazione era quella che era”, ed inoltre loro aveva ricevuto l’ordine di sparare se Mussolini avesse provato a fuggire.
La liberazione di Mussolini: “Ci circondarono”
Ma Tancini, della prigionia di Mussolini, ricorda anche molto lucidamente quel “12 settembre, alle 14:30”, quando “sentii gridare che erano arrivati i tedeschi. Vidi un aliante che era già atterrato, c’era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra”. Il duce si affacciò alla finestra, ricorda, “voleva sapere se fossero americani o tedeschi. La sensazione era quella che aspettasse più gli americani“. Nel frattempo le truppe di Hitler “aveva già circondato l’albergo, strinsero il cerchio, salirono in camera da Mussolini con il nostro maresciallo, parlarono”, ed in quel momento Tancini e gli altri Carabinieri capirono che “il nostro compito era finito”.