Mustafa, il bimbo protagonista insieme a suo papà Munzir della fotografia scattata dal turco Mehmet Aslan, premiato a settembre al Siena International Photo Award, è stato intervistato con il suo genitore da “La Repubblica”. Lo scatto che li ritrae insieme ha fatto letteralmente il giro del mondo: il piccolo non ha né braccia né gambe, al papà manca una gamba. Colpa, nel caso di Mustafa, di un attacco chimico del regime di Assad, che però non è riuscito a cancellare il sorriso di questo bambino, il quale ora non smette di guardare con curiosità al futuro: “Allora voglio sapere, quando sarò grande? Quando mi ridanno i piedi? Voglio andare a scuola camminando, quanto devo aspettare?”.



Va a caccia di certezze, Mustafa, con lo spirito leggero dei suoi coetanei e ben distante da quello di suo padre, un uomo di 35 anni che sembra avere perso fiducia nel domani: “Viviamo una vita talmente pesante che forse la morte sarebbe migliore – ha dichiarato –. I soldi del sussidio della Mezzaluna Rossa (la Croce Rossa della Turchia) ci bastano a stento per il latte e i pannolini. Ci sono giorni in cui non mangiamo, da tre settimane ci hanno staccato acqua e gas. Sono uno storpio, nessuno mi prende a lavorare. Mustafa ha bisogno di operazioni chirurgiche e di protesi elettroniche. Le ong ci fanno le foto e poi se ne vanno, dicono che ci stanno aiutando ma non è vero”.



MUSTAFA: “DA GRANDE GUIDERÒ E ANDRO ALL’UNIVERSITÀ”

Ma come si arriva alla duplice tragedia del piccolo Mustafa e di suo papà Munzir? Lo ha raccontato proprio quest’ultimo a “La Repubblica”, dicendo che prima della guerra civile in Siria era iscritto all’università: “Un giorno, nel 2014, ero al mercato della frutta di Maarat e un elicottero ha lanciato un barile bomba. Le schegge mi hanno investito. Sono stato portato d’urgenza in Turchia, dove mi hanno amputato la gamba destra”. Più recente, invece, il dramma del figlio: il 4 aprile 2017, a Khan Shaykhun, ci fu un bombardamento aereo con armi chimiche. La moglie di Munzir, Zeynep, era incinta di Mustafa, che nacque senza arti: “I medici ci hanno spiegato che era molto probabile che la malformazione fosse dovuta al gas Sarin”.



Mustafa oggi non va a scuola, non ha amici: “Restiamo chiusi in casa tutto il giorno – ha aggiunto il papà –. Non c’è ospedale turco a cui non mi sia rivolto. Ha bisogno di protesi elettroniche e di sottoporsi a diverse operazioni per l’allungamento delle ossa. Ha anche la bocca dello stomaco stretta, per cui mangia pochissimo e si nutre di latte, serve un intervento chirurgico d’urgenza. Il suo apparato genitale ha delle anomalie”. Eppure, il bimbo non si arrende: “Voglio andare a scuola! Voglio salire in macchina e guidare! Andrò all’università!”. Un esempio di forza e di amore per la vita di cui tutti dovremmo andare fieri.