Affitti e mutui tra i fringe benefit: è una delle novità della legge di Bilancio 2024 per i lavoratori dipendenti. Saranno rivisti gli importi della detassazione, che sono 2mila euro per chi ha figli fiscalmente a carico e mille euro per gli altri, ma si allarga la platea di beni e servizi per ottenere l’erogazione. Quindi, i costi sostenuti per il pagamento di affitti e mutui relativi alla prima casa potrebbero finire nel disegno di legge, mentre viene confermata la possibilità di usufruire del bonus per coprire la spesa delle utenze domestiche (energia elettrica, gas e anche servizio idrico). La novità riguarda l’articolo 6 della manovra.



Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, nel caso del canone di affitto“bonus” concesso dal datore di lavoro potrà coprire tutta la somma. Invece, per quanto riguarda i mutui, a causa dei rialzi dei tassi, non ci sarà un rimborso della rata nel suo complesso, ma solo della quota di interessi. La soglia base per il “bonus” esente da tasse di solito è fissata a 258,23 euro, ma l’anno prossimo sarà a 2mila euro per chi ha figli fiscalmente a carico con reddito fino a 2.840,51 euro nel caso degli under 24, a 4 mila euro per chi ha compiuto 24 anni e per tutti gli altri a mille euro.



IPOTESI MUTUI E AFFITTI NEI FRINGE BENEFIT: COME FUNZIONA?

L’inserimento dei canoni degli affitti tra i fringe benefit è una novità assoluta, quindi servono indicazioni operative ad hoc. Per quanto riguarda i mutui, invece, il Sole 24 Ore spiega che saranno valutate due norme già presenti. La prima (articolo 51, comma 4, lettera b del Tuir) prevede che, in caso di concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, si applica un criterio di determinazione forfettaria del valore imponibile del 50% della differenza tra l’importo degli interessi, calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine dell’anno e quello applicato al lavoratore, al netto del contributo aziendale. Invece, l’altra norma, cioè la risoluzione 46/E del 2010, riguarda le indicazioni sulla gestione operativa e amministrativa del benefit nel caso in cui il prestito non avvenga in modo diretto dal datore di lavoro a favore del dipendente, ma vengano erogati diversi importi per ridurre la quota di interessi.



L’Agenzia delle Entrate stabilisce che il contributo del datore venga accreditato sul conto corrente di addebito del prestito nella stessa data in cui la rata viene addebitata, così da evitare che rientri nella disponibilità del dipendente. Come spiegato dal Corriere della Sera, non è una condizione favorevole per il datore, in particolare con un mutuo a tasso variabile, perché prima della scadenza di ogni rata dovrebbe aggiornare l’importo del contributo ed effettuare il calcolo della quota imponibile da indicare sulla busta paga. Se poi dovesse aumentare anche il tasso di riferimento entro la fine dell’anno, il titolare dovrebbe rifare tutti i calcoli.