Sono più di 340 milioni i cristiani perseguitati nel mondo (dati “Open Doors” del gennaio 2021): negli ultimi mesi è però il Sud-est asiatico, assieme al Medio Oriente, a rappresentare l’insidia principale per chi semplicemente crede e professa la sua fede in Cristo. La storia dal Myanmar è raggelante e si unisce ad un periodo drammatico per le popolazioni cristiane, dal Pakistan all’Afghanistan passando per Iran e Africa centrale: con l’esplosione della crisi afghana ci si è colpevolmente dimenticati che nella ex Birmania un golpe militare lo scorso 1 febbraio ha destituito il precedente potere, inneggiando una guerra civile tutt’altro che conclusa.
Ecco che la sera del 31 agosto l’esercito birmano ha requisito, occupato e profanato due chiese cristiane nel Myanmar occidentale, nello villaggio di Chat (all’interno della città di Mindat dello stato birmano di Chin): si tratta della chiesa cattolica di San Giovanni e della chiesa battista della zona, entrambe prese di mira dall’esercito per farsi il proprio quartier generale. La notizia è stata data dall’Agenzia Fides, sentito il parroco cattolico padre John Aung: «È esecrabile. I militari hanno requisito la chiesa per loro uso. Hanno aperto il tabernacolo, hanno preso le ostie consacrate e le hanno buttate a terra, calpestando e saccheggiando. Hanno distrutto tutti gli armadi chiusi a chiave».
MYANMAR, LA PERSECUZIONE CONTINUA
L’esercito dittatoriale ha cacciato prete e fedeli, profanando l’Eucaristia con palese violazione della libertà di culto: il villaggio di Chat ha solo 68 case, ma 42 di queste – spiega “Avvenire” – sono abitati da famiglie cattoliche, con la parrocchia che abbraccia poi ben 20 villaggi dell’area poverissima del Myanmar. Spiega Fides come all’arrivo dei militari il parroco sia dovuto fuggire nella foresta con gli altri altri abitanti del villaggio per timore di ritorsioni e violenze da parte dei soldati. Stesso destino per la chiesa battista, con uno dei fedeli cristiani sfuggiti dal villaggio – tal Shane Aung Maung – che denuncia «I soldati hanno distrutto le nostre bibbie, gli arredi sacri, i generatori elettrici e l’amplificatore dei suoni. Bevono alcolici all’interno dell’edificio della Chiesa. Macellano il bestiame e cucinano carne nella chiesa». L’esercito regolare birmano (detto “Tatmadaw”) prosegue nell’opera di destabilizzazione del Myanmar, con l’intento tutt’altro che negato di voler perseguitare le realtà cristiane rimaste nel Paese asiatico: colpiscono persone e proprietà delle Chiese cristiane, uccidendo civili disarmati e pacifici e bruciando villaggi e case. Per un altro prete cattolico della zona, David Hmun, raggiunto dall’Agenzia Fides, la situazione è drammatica: «I militari del Myanmar non sono più un esercito popolare ma diventano così un gruppo militante terrorista, che compie violenza sul popolo, su civili innocenti». L’Institute of Chin Affairs – un ente non profit creato da leader di etnia Chin in Myanmar – ha denunciato al mondo tramite Fides l’orrore in corso nel loro Paese: «il paese sta scivolando in una guerra fratricida che conduce alla rovina. Data la reazione intraprendente e resiliente della popolazione, il golpe è fallito», eppure contro le Forze di Difesa Popolare si stanno scagliando tutte le ire dell’esercito del regime nel tentativo di riportare lo status quo in tutto il Myanmar. La presenza dei cristiani, ancora una volta come in gran parte della storia, è un segno troppo forte di libertà irriducibile al potere, e per questo vanno perseguiti e perseguitati.