Il Myanmar si tinge ancora di sangue. Nel giorno di Natale i militari hanno massacrato e poi bruciato decine di civili, tra cui donne e bambini. Sono 38 le vittime accertate del massacro andato in scena il giorno 24 dicembre nello Stato a maggioranza cristiana del Kayah: a segnalarlo le fonti della resistenza contro il regime militare. Come riportano le fonti locali, la tragedia è avvenuta proprio alla vigilia di Natale a Hpruso, dove autoveicoli di una colonna in transito su una strada di grande comunicazione sono stati assaltati e bruciati e i passeggeri trucidati. Tra i 38 morti si registrano un bambino e due operatori dell’organizzazione umanitaria Save the Children.
Le vittime, secondo alcune testimonianze, erano fuggite dai combattimenti tra gruppi di resistenza armata e l’esercito del Myanmar vicino al villaggio di Koi Ngan. Proprio nella fuga sarebbero state fermate dalle truppe governative, mentre erano intente a dirigersi verso i campi profughi nella parte occidentale di Hpruso. I militari avrebbero dunque assalito le loro auto e ucciso decine e decine di persone, per poi bruciare i loro corpi.
Myanmar, la strage su ordine della giunta militare
Una netta condanna a quanto accaduto in Myanmar è arrivata dal sottosegretario dell’Onu per gli Aiuti umanitari, Martin Griffith, che si è dichiarato “inorridito” e ha condannato “questo incidente grave e tutti gli attacchi contro civili nel Paese, che sono proibiti in base al diritto umanitario internazionale”.
Non è certamente il primo caso di repressione militare che si registra nello Stato del Kayah. Solo pochi giorni fa la Bbc aveva confermato quattro uccisioni di massa avvenute a luglio: anche in quel caso le vittime erano civili, per un totale di 40 morti. La tragedia avvenuta a Natale, come riferiscono media locali, sarebbe stata ordinata dalla giunta militare al potere del Paese. I militari avrebbero radunato e ucciso i civili a colpa di armi da fuoco e poi avrebbero caricato i corpi su un camion e auto, per poi incendiarli. Una dura condanna arriva dal cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon: “Chiedo ai gruppi armati e alla Forza di difesa del popolo di riconoscere che le armi da fuoco non risolvono la crisi ma piuttosto la perpetuano, causando più morti e più fame, con conseguenze devastanti per l’istruzione dei nostri figli, per la nostra economia e la nostra salute”.