La pandemia di covid scoppiata 16 mesi fa ha cambiato il mondo, televisione compresa. Ne è convinta il volto noto della televisione, Myrta Merlino, conduttrice del talk show di successo di La7, L’aria che tira, e moglie del campione del mondo 1982 Marco Tardelli. «È stata la stagione più dura della mia vita professionale – racconta la presentatrice al Corriere della Sera – addio alla certezza degli ospiti in studio: solo collegamenti Skype spesso incerti e annullati all’ultimo momento». La pandemia ha insegnato «Che si può fare un talk persino senza ospiti e senza pubblico in studio restando sull’attualità. Abbiamo scoperto un altro modo di fare tv».



Secondo Myrta Merlino la sua televisione sarebbe potuto divenire la più danneggiata dal covid essendo incentrata soprattutto sui programmi di informazione e sull’attualità «Invece siamo stati gli unici a non sospendere appuntamenti, a non rivedere il palinsesto. Io non amo lo smart working, ma si può fare: ho condotto la trasmissione da casa quando abbiamo avuto casi di positivi in studio». E’ cambiato il programma ed è cambiata anche Myrta Merlino: «La sofferenza diffusa mi ha spinto a essere più me stessa. Meno la conduttrice-giornalista e più la vera Myrta Merlino-persona con le emozioni, le autentiche reazioni».



MYRTA MERLINO: “STO SCRIVENDO UN LIBRO SULLE DONNE”

L’Aria che tira ha deciso di aprire una casella di posta elettronica intitolata “Dillo a Myrta” ed è stato un enorme successo: «Abbiamo voluto creare un luogo di ascolto per chi non ne aveva da nessuna parte. Sono arrivate 130.000 lettere, in massima parte di donne. E proprio con le storie di tante donne sto lavorando a un libro».

Il giornalista del Corriere della Sera chiede quindi come mai un libro solo sulle donne: «Perché è il pezzo di società ad aver pagato il prezzo più alto dell’emergenza – spiega Myrta Merlino – la fragilità della condizione delle donne precarie è apparsa in tutto il suo contrasto rispetto al mondo dei garantiti. Un solo esempio indimenticabile: quello di Liuba, ragazza madre che lavorava nell’indotto di Amazon a Bologna nel settore logistico della preparazione delle scatole. Aveva un bimbo di pochi mesi e un solo turno alle 5.30, pena la perdita del posto di lavoro. Impossibile trovare un nido a quell’ora e nemmeno parenti. E così si è portata il piccolo al lavoro, facendolo dormire in una scatola accanto a lei. Una storia struggente raccontata in diretta: come fa un vero servizio pubblico».