In collegamento con il programma Oggi è un altro giorno, Myss Keta, l’artista più misteriosa d’Italia. “Si è vero, vado poco in tv – esordisce la cantante rispondendo alle domande di Serena Bortone – la mascherina? Ho anticipato la moda e i trend, no a parte gli scherzi, sono molto contenta di vedere la gente in giro con le mascherine, vuol dire che si prendono cura di se stessi. La scelta della mascherina è iniziata quando abbiamo fatto i primi video delle prime canzoni, volevamo che Myss Keta raccogliesse tanti volti, fosse la voce di una generazione, e per questo abbiamo deciso di nascondere un volto che ne rappresenta mille. Sotto mi trucco? Se mi va si, se non mi va no, un viso a chilometro zero? Quello sì, ottima osservazione. Il volto coperto mi rende molto libera, questo personaggio mi permette di essere sincera, di parlare delle cose di cui voglio parlare, di esprimersi al massimo, e il fatto che l’identità di Keta sia celata, dà grande possibilità di libertà di movimento in tutti i sensi. Mi diverto molto quando le persone fanno i selfie con me con il volto coperto”,



MYSS KETA: “MI DIVERTE QUESTO GIOCO DELLA MASCHERINA”

Rispetto a questa sovraesposizione dei volti – ha proseguito Myss Keta – mi diverte un pochino questo gioco, è molto divertente e voglio proseguirlo”. Lo scorso mese di febbraio la cantante è stata sul palco di Sanremo assieme all’amica Elettra Lamborghini: “Ogni volta mi diverto a rivedere Sanremo, ci siamo divertite tantissimo. Il palco di Sanremo agita un sacco, una volta che fai quelle scale ti agita ed è un’emozione unica; io ed Elettra ci siamo divertite come delle matte. Ci sentiamo ancora, altri progetti? Chi lo sa, non posso rivelare troppo, discograficamente vedremo un po’ cosa fare”. Sugli autori dei suoi pezzi: “Siamo un collettivo che lavora a questo progetto e spesso l’ispirazione nasce da situazioni, da cose che vediamo, che viviamo, ad esempio ‘Giovanna hardcore‘ si porta dietro un mondo, dal Medioevo a quello contemporaneo, un mondo di eroine, di guerrieri, di giganti, e poi comunque usiamo molta ironia che ci serve molto”.

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