Svolta nel caso Nada Cella, la giovane segretaria uccisa nello studio del commercialista dove lavorava, a Chiavari, nel 1996. Secondo quanto riportato dall’Ansa, la Procura di Genova avrebbe chiuso le indagini – riaperte nel 2021, 25 anni dopo il delitto – notificando l’avviso all’unica indagata per la morte della ragazza, Anna Lucia Cecere, alla quale si contesterebbe l’omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi, ma non dalla premeditazione. La chiususa indagini sarebbe stata notificata anche ad altre due persone: Marco Soracco, all’epoca datore di lavoro della vittima, e l’anziana madre di quest’ultimo, Marisa Bacchioni. A entrambi sarebbero contestati i reati di false dichiarazioni al pubblico ministero e, per la prima volta, il favoreggiamento. Si tratta di atti che precedono solitamente la richiesta di rinvio a giudizio e quindi di processo a carico dei soggetti indagati.



I pm quindi tirano dritto anche senza la prova del Dna e gli inquirenti si sarebbero convinti, sottolinea l’agenzia di stampa, del coinvolgimento di Cecere nel delitto: l’ex insegnante, per la Procura, sarebbe l’assassina. Assistita dall’avvocato Giovanni Roffo, la donna ora ha 20 giorni di tempo per chiedere di essere sentita. La riapertura del cold case di Nada Cella era arrivata grazie al lavoro della criminologa Antonella Pesce Delfino che, insieme all’avvocato Sabrina Franzone, rileggendo gli atti della vecchia indagine avrebbe portato a galla elementi sottovalutati in precedenza tra cui la testimonianza di una donna che aveva detto di avere visto Cecere, la mattina dell’omicidio, sotto lo studio di Soracco mentre andava via in sella a un motorino. Secondo l’accusa, Anna Lucia Cecere avrebbe agito spinta da un movente legato alla gelosia nei confronti di Soracco, ritenuto sentimentalmente interessato alla vittima, e per prendere il suo posto di lavoro nello studio.



Omicidio Nada Cella: la ricostruzione del delitto di Chiavari

Nada Cella aveva 24 anni quando, nel 1996, fu brutalmente uccisa a Chiavari (Genova). Era la mattina del 6 maggio e la giovane, segretaria presso lo studio del commercialista Marco Soracco in via Marsala, si sarebbe trovata da sola in quell’appartamento fino all’arrivo del datore di lavoro, poco dopo le 9, che l’avrebbe trovata a terra nella sua stanza, in un lago di sangue, ferita in varie parti del corpo e con il cranio fracassato. Nada Cella è morta poco dopo, il suo caso un giallo irrisolto che avrebbe attraversato decenni senza una soluzione.



Sulla scena del crimine non furono trovati indizi per imboccare la pista giusta, assente l’arma del delitto. I primi soccorsi prestati a Nada Cella avrebbero complicato il quadro investigativo perché il teatro dell’omicidio sarebbe stato compromesso dall’azione delle prime persone intervenute in aiuto della giovane, inizialemente convinte che si trattasse di un incidente. Eventuali tracce potenzialmente determinanti, forse persino del killer, sarebbero state quindi cancellate per sempre. La stessa madre del commercialista avrebbe addirittura pulito le scale da alcune macchie di sangue dopo il trasporto di Nada Cella in ospedale. L’inquinamento della scena è stato profondo e avrebbe prodotto effetti irreversibili sull’esito dell’inchiesta. La mattina dell’omicidio, Nada Cella avrebbe raggiunto l’ufficio prima del solito (il turno di lavoro scattava alle 9). Secondo quanto ricostruito sui suoi ultimi spostamenti, la ragazza si era offerta di accompagnare la madre al lavoro in auto, perché in ritardo, e tornata a casa avrebbe preso la sua bicicletta rossa per andare in studio, dove sarebbe arrivata prima delle 8. Da quel momento, l’inizio del giallo: nessuno avrebbe visto Nada Cella entrare nello stabile né avrebbe udito rumori tra le 8:51, quando la segretaria avrebbe mandato in stampa un documento, e le 9:11, quando il suo datore di lavoro sarebbe sceso. Soltanto una persona, inquilina al piano di sotto, avrebbe riferito all’epoca di aver sentito la porta di ingresso dello studio sbattere, qualche minuto dopo le 9.