Il caso di Nada Cella, riaperto nel 2021 a 25 anni dal delitto della giovane segretaria a Chiavari, è a un punto di svolta. Pochi giorni fa, la Procura di Genova ha notificato ad Annalucia Cecere, ex insegnante oggi 56enne, l’avviso di chiusura delle indagini che precede la richiesta di rinvio a giudizio e la donna sarebbe accusata di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà. Secondo i pm, riporta Ansa, la donna avrebbe ucciso la 26enne per rancore e gelosia nello studio del commercialista Marco Soracco, datore di lavoro della vittima. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Cecere avrebbe agito perché voleva prendere il posto di Nada Cella in quell’ufficio e nel cuore dell’uomo.



Quest’ultimo, insieme alla madre Marisa Bacchioni, risulta accusato di false dichiarazioni al pubblico ministero e di favoreggiamento: secondo i magistrati, avrebbe sorpreso la presunta assassina sulla scena del crimine ma avrebbe deciso di tacere, in accordo con sua madre, per non accendere il fuoco dell’attenzione sulla sua sfera professionale e privata. L’ipotesi è che Soracco, riporta Il Secolo XIX, temesse i contraccolpi di un eventuale arresto di Annalucia Cecere, in particolare la rivelazione di un segreto del quale sarebbe venuta a conoscenza, per prima, proprio Nada Cella. La segretaria fu assassinata 6 maggio 1996 e da allora, fino a due anni fa, il delitto è stato un cold case tra i più intricati della storia italiana. In queste ore, una testimonianza dell’epoca torna ad affacciarsi sulle cronache del caso Nada Cella con un rinnovato grado di attenzione: si tratta di quanto dichiarato da un ex collega di Soracco, Paolo Bertuccio, relativamente alle confidenze che il commercialista gli avrebbe fatto prima dell’omicidio.



Nada Cella, il testimone ex collega di Soracco: “A lungo sono stato l’unico a dire qualcosa”

Paolo Bertuccio, supertestimone del caso Cella, era stato già sentito nel 1996, a seguito della morte della segretaria, ma le sue parole oggi sembrano assumere un tenore ancora più incisivo dopo alcune delle recenti novità emerse dalla nuova inchiesta avviata nel 2021. All’epoca del delitto, ricostruisce Il Secolo XIX, l’uomo aveva circa 50 anni, anche lui gestiva uno studio a Chiavari e avrebbe incontrato Marco Soracco due settimane prima dell’omicidio di Nada Cella, il 23 aprile, in occasione di un corso di aggiornamento.



Durante una chiacchieata in un locale, ha riferito Bertuccio (versione ribadita agli inquirenti nell’attuale fase di indagine), Soracco avrebbe introdotto una frase sibillina: “E poi ci sarà la botta…. Ricalcando quel singolare episodio e le presunte confidenze di Soracco, Bertuccio ha ricordato quanto segue alla Tgr Liguria, pochi giorni fa: “A lungo sono stato l’unico che ha detto qualcosa, mi sono chieso se per caso ero lo scemo del villaggio“. Il testimone ha raccontato di essersi interrogato su quella affermazione, “E poi ci sarà la botta…”, e di aver chiesto al datore di lavoro di Nada Cella cosa intendesse dire. La risposta di Soracco, che ha sempre smentito la circostanza, sarebbe stata la seguente secondo Bertuccio: “Perché la signorina va via. Diciamo che verrà portata via”. A quel punto, l’uomo avrebbe insistito nel chiedere spiegazioni su quelle particolari affermazioni e si sarebbe rivolto in questi termini a Soracco: “Perché mi dici queste cose? Che uso devo fare di queste cose? Mi rispose ‘Ah, l’uso che ritieni'”. Dopo l’omicidio di Nada Cella, Bertuccio avrebbe messo in relazione quelle parole apparentemente indecifrabili con l’accaduto, ma Marco Soracco avrebbe sempre sostenuto di non ricordare di averle dette. Oggi il fatto raccontato dal testimone, ascoltato alte quattro volte dalla riapertura del fascicolo, assume un peso che potrebbe rivelarsi notevole nello spettro delle contestazioni mosse a Soracco.