Proprio in queste ore nel tribunale della Corte d’Appello di Genova si sta celebrando l’udienza in cui si deciderà il rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, Marco Soracco e Maria Bacchioni accusati a vario titolo dell’omicidio di Nada Cella passato alla storia con il nome di ‘delitto di via Marsala’ e rimasto – almeno fino ad oggi – uno dei più famosi cold case italiani: l’omicidio – e a breve ci arriveremo – risale infatti al 1996 e fino ad oggi è rimasto senza alcuna spiegazione reale e senza colpevoli, con diversi fascicoli d’indagine culminati con la richiesta (nell’udienza di primo grado dello scorso marzo) di ‘non luogo a procedere’ nei confronti dei tre indagati per l’omicidio di Nada Cella.
Tornando indietro con la mente fino a quel 1996 le certezze su quanto sia accaduto a Nada Cella sono veramente poche: la ragazza 25enne – infatti – venne trovata in fin di vita in una pozza di sangue all’interno dello studio del ragionier Marco Soracco nel quale lavorava da circa cinque anni; il tutto senza elementi che permisero di risalire all’identità dell’aggressore. Negli anni l’accusa di è concentrata attorno allo stesso Soracco (che per primo trovò il corpo) e a sua madre Maria Bacchioni – nel ruolo di favoreggiatrice -, ma anche attorno a diversi muratori e alla figura di Annalucia Cecere: tutte ipotesi archiviate nel corso delle udienze e dei processi per insufficienza di prove.
La legale della famiglia di Nada Cella: “Ci sono troppi elementi per chiudere le indagini senza processi”
Da ultimo, a quasi 30 anni di distanza, nel 2021 la criminologa Antonella Delfino Pesce ha ripreso in mano il fascicolo d’indagine su Nada Cella, scoprendo – grazie soprattutto alle nuove tecnologie di cui non si disponeva negli anni ’90 – alcuni elementi a sostegno dell’ipotesi che dietro l’omicidio ci sarebbe Annalucia Cecere, aiutata e coperta da Soracco e Bacchioni: a marzo il nuovo processo ha subito una brutta battuta d’arresto con la richiesta d’archiviazione ed oggi si gioca l’ultimissima partita che potrebbe dare una qualche giustizia alla famiglia della 25enne che attende da quasi trent’anni di scoprire la verità su quella mattina.
Intercettata fuori dal tribunale prima dell’udienza, la legale che assiste la famiglia di Nada Cella – la dottoressa Sabrina Franzone – è tornata a parlare degli “errori” evidenti che sono alla base delle “valutazioni” del primo giudice di questo nuovo filone indiziario, ricordando poi che “gli elementi [offerti dalla Procura] sono infiniti e a fronte di un dubbio, a nostro avviso, avrebbe dovuto rinviare in giudizio” per approfondirli debitamente; mentre dal conto suo il legale di Marco Soracco – il dottor Andrea Vernazza – ci ha tenuto a mettere in chiaro che dal conto suo il caso è “arciprescritto” accusando poi la Procura di aver “convocato” il commercialista “senza la garanzia facendogli così rinnovare un reato che altrimenti sarebbe prescritto“.