A maggio del 2021, a distanza di 25 anni dall’omicidio di Nada Cella, è stata riaperta l’indagine ma partendo ancora da vecchi indizi: come mai? Qualcosa potrebbe essere andato storto nell’indagine condotta dopo il delitto del 6 maggio 1996, nel quale perse la vita la giovane segretaria, all’epoca 24enne, nello studio del commercialista Marco Soracco. Tanti i lati oscuri ad oggi mai chiariti che ruotano attorno al caso, oggi al centro della nuova puntata di Quarto Grado che tornerà a fare luce sugli ultimi risvolti della vicenda di cronaca.



Secondo Daniela, sorella di Nada Cella, qualcuno conoscerebbe la verità su quanto accaduto: “Io chiedo agli abitanti di Chiavari ma in particolare a chi sa – perché io sono convinta che qualcuno sappia – che si faccia avanti, perché adesso si può fidare della squadra mobile di Genova, del magistrato, io li ho conosciuti, ho contatti con la squadra mobile, con una persona in particolare di cui mi fido e che in questi mesi mi ha aiutata ad andare avanti”, ha dichiarato alla trasmissione Chi l’ha visto. La donna continua a restare con i piedi ben saldi a terra ma, ribadisce, “io sono convinta che a Chiavari qualcuno sappia molto di più di quello che finora è stato detto. Io voglio credere che ancora ci siano brave persone”.



Nada Cella ed il nodo delle testimonianze

Al centro del caso sul delitto di Nada Cella continua a restare il nodo delle tante testimonianze, alcune ancora anonime, dietro le quali si celerebbe la verità su quanto accaduto 25 anni fa. Le stesse testimonianze alla fine degli anni Novanta non hanno prodotto esiti ma oggi starebbero dimostrando grandi potenzialità. Una donna si sarebbe rivolta alle forze dell’ordine avanzando il nome di Annalucia Cecere e svelando i suoi sentimenti ostili nei confronti della giovane Nada Cella. Tra le altre cose, come riferisce Il Giornale, la donna disse che Cecere era stata nello studio di Marco Soracco ma il commercialista non era presente, come poi dichiarò quest’ultimo. Resta ancora da capire chi abbia fatto le numerose telefonate anonime alla mamma di Soracco e alla curia anche se c’è il dubbio che sia ormai venuta a mancare.



Una testimonianza in particolare accomunerebbe diverse persone, tra cui una mendicante con il figlio, grazie alle cui dichiarazioni permisero alla fine degli anni Novanta di fare un photo fit, cioè un collage di dettagli del volto della presunta killer partendo da foto di altre persone. Oggi, la somiglianza con l’indagata è ritenuta impressionante. In un documento degli inquirenti riportato dal quotidiano, si legge: “Da un attento esame del photo fit redatto con l’ausilio dei testimoni oculari, nonché dalle descrizioni fisico somatiche fornite dagli stessi, emergeva una forte somiglianza con la riproduzione fotografica acquisita della Cecere, facendo quindi intuire che la donna indicata dalla mendicante dal figlio, tenuto conto anche delle circostanze di tempo e di luogo, possa identificarsi nella donna indicata dalla confidente”.