Ieri il Governo ha illustrato i principali elementi della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (approvata ieri) che è strettamente connessa all’approvazione della prossima finanziaria. I temi del giorno sono tre: la crisi energetica, il deficit e le prospettive economiche con i crescenti timori di recessione. La crisi energetica chiude le imprese e distrugge il potere d’acquisto delle famiglie; sposta le catene di fornitura globale e le “fabbriche” dei grandi gruppi industriali che cercano Paesi in grado di offrire costi energetici competitivi e certezza regolamentare nel medio-lungo periodo. I movimenti sono generazionali, perché man mano che si sviluppa il conflitto viene meno un mondo a cui eravamo abituati da quarant’anni e in cui Russia e Cina avevano un ruolo definito. In questa ridefinizione avvengono movimenti sopra e sotto la superficie. Per esempio, l’India sembra una delle destinazioni più in voga per la rilocalizzazione delle fabbriche che lasciano la Cina e allo stesso tempo abbassa la sua bolletta energetica acquistando quantità record di petrolio scontato russo.
L’Italia, secondo quanto dichiarato nella conferenza stampa di ieri, decide di allocare 22 miliardi di euro per l’emergenza energetica nel 2023. La Germania ne ha messi in campo 200 e la Francia, uno dei Paesi che meno dipende dagli idrocarburi, decide di mettere a disposizione 45 miliardi dopo aver statalizzato Edf. L’Italia è la seconda manifattura d’Europa e in teoria dovrebbe mettere in campo risorse per una cifra compresa tra il massimo tedesco e il piano francese. Le risorse messe in campo dal Governo non sono sufficienti e il costo della crisi verrà subito da famiglie e imprese in una proporzione che a oggi non è dato conoscere. Quello che conta è che in questa fase non ci sono tempi supplementari. Le imprese che chiudono schiacciate da costi energetici impazziti non riaprono. La crisi energetica non avviene sui mercati a causa della speculazione, che al limite la peggiora, ma nei mercati fisici perché non c’è gas.
Il Governo ha anche annunciato un piano per mettere a disposizione uno o due miliardi di metri cubi di gas per le imprese energivore. L’Italia ha importato dalla Russia nel 2021 quasi 30 miliardi di metri cubi. Questi 1 o 2 miliardi di gas a prezzo calmierato verrebbero messi a disposizione da imprese che hanno giacimenti in Italia in cambio di nuove concessioni o estensioni di concessioni in essere. Per sviluppare un campo serve qualche anno, immaginando tutto il supporto possibile del Governo in tema burocratico e assumendo che le imprese si fidino dell’esecutivo, cosa di cui è lecito dubitare; la norma sugli extraprofitti dell’Esecutivo precedente è stata scritta male o malissimo ed è stata solo punitiva senza offrire alcuna prospettiva alle aziende colpite. Questo approccio potrebbe essere comunque interessante, a patto di immaginare una grande campagna pluriennale per trovare gas italiano convincendo i privati a investire risorse che non si sono messe negli ultimi 20 anni. È un intervento epocale e molto impegnativo, sia dal punto di vista dell’opposizione interna che a livello europeo.
Il deficit e il Pil in questo momento sono due stime “impossibili”. Le incognite sono troppe. C’è quella energetica e poi c’è quella finanziaria, perché l’inflazione a due cifre e i rialzi dei tassi rischiano di mettere sotto enorme pressione tutto il sistema finanziario. Oggi il Governo si fa avanti stimando una crescita del Pil dello 0,6% e un deficit al 4,5%. I mercati si sono portati avanti perché la media delle previsioni delle principali banche d’affari è rispettivamente 0% e 4,8%.
L’ordine delle priorità invece sembra chiaro. Il governatore della Banca di Spagna tre giorni fa ha invitato la Bce ad alzare i tassi per ridurre l’inflazione. Questo avviene mentre l’Italia si augura l’esatto opposto e manifesta grande preoccupazione per ulteriori rialzi. Durante la crisi dei debiti sovrani Spagna e Italia stavano dalla parte dei cattivi e si auguravano, più o meno, le stesse cose. Cos’è cambiato? I costi dell’elettricità in Spagna sono meno della metà di quelli italiani e tra i più bassi d’Europa. Così Spagna e Portogallo diventano falchi, come gli Usa, mentre l’Italia prega per l’inverno più mite degli ultimi due secoli.
Se l’Italia risolvesse la crisi energetica i “mercati” sarebbero disponibilissimi a chiudere un occhio, ma anche uno e tre quarti, su deficit e debito.
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