Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri la Nadef, un documento importante per la messa a punto della Legge di bilancio 2024 e su cui c’era una forte attesa dopo il ridimensionamento delle stime di crescita sul prossimo anno formulate sia dalla Commissione europea che dall’Ocse. Alla fine il Governo ha indicato un Pil a +1,2%, rispetto al +1,4% indicato nel Def di aprile, e un deficit/Pil al 4,3%, contro il 3,7% stimato cinque mesi fa. Abbiamo fatto il punto con l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale.



Partiamo dal rapporto deficit/Pil indicato per il 2024. Come lo vede rispetto al dibattito sulla riforma del Patto di stabilità?

Sulla base delle prime informazioni disponibili, il rapporto deficit/Pil si dovrebbe attestare al 4,3%, in diminuzione rispetto all’anno in corso ma sensibilmente superiore alla famosa soglia del 3% prevista dal Patto di stabilità e crescita – almeno nella sua attuale versione. Ipotizzo che questo valore sia stato, almeno informalmente, discusso in sede di Eurogruppo e, da tale discussione, ne possa essere derivato un segnale non ostativo. È chiaro che, se il Patto venisse riformato secondo l’impostazione proposta dalla Commissione, più che il dato puntuale di un singolo anno diventerebbe rilevante il sentiero di aggiustamento previsto per il medio periodo. Ma questo dipende dall’esito dell’attuale confronto sulla riforma del Patto che, riformato o non riformato, tornerà in vigore proprio dal prossimo anno.



C’è chi ipotizza una sorta di scambio tra Roma e Bruxelles: la possibilità di fare maggior deficit in cambio della ratifica della riforma del Mes. Cosa ne pensa?

Credo che Roma abbia già vinto politicamente la partita sulla riforma del Mes, essendo l’unico Paese a non averla approvata sinora. Se la sua approvazione successiva dovesse essere parte di un pacchetto più ampio di concessioni reciproche, è possibile. Ma il Governo il risultato politico lo ha già portato a casa.

Vediamo invece il dato sul Pil 2024: non è “ottimista” tenendo conto delle recenti previsioni di crescita di Commissione Ue e Ocse? Cosa occorre che il Governo faccia perché si possa raggiungere la stima indicata e magari fare meglio?



La previsione per il prossimo anno è di una crescita del Pil pari all’1,2%, sensibilmente al di sopra delle previsioni delle maggiori organizzazioni internazionali, inclusa la Commissione che prevede un dato di crescita pari a solo lo 0,9%. Il fatto che sia un traguardo particolarmente ambizioso non vuol dire, però, che sia necessariamente irraggiungibile. Ciò dipenderà dalle riforme che il Governo metterà in campo nei prossimi mesi a cominciare dalla piena realizzazione dei progetti previsti dal Pnrr.

Quali potrebbero essere i fattori di rischio esterni in grado di non consentire al nostro Paese di non centrare le stime sia per quanto riguarda il Pil che il deficit?

La congiuntura internazionale si va progressivamente deteriorando in seguito agli sviluppi della crisi immobiliare, che sta per diventare finanziaria, in Cina. In Europa, poi, la Germania – prima economia dell’Eurozona nonché primo partner commerciale dell’Italia – è entrata in una fase di stallo che è destinata a proseguire nei prossimi mesi. In aggiunta, la nostra politica monetaria si è inasprita sensibilmente per contrastare l’inflazione. Naturalmente, l’impatto di queste dinamiche sul Pil si ripercuoterebbe sul rapporto deficit/Pil.

Quanto, invece, potranno incidere le decisioni della Bce?

La Bce pare aver raggiunto il tasso terminale, cosa che dovrebbe scongiurare ulteriori rialzi. Rimane, tuttavia, la questione della finestra temporale nella quale i livelli attuali dei tassi sono destinati a perdurare. Se negli Stati Uniti tale finestra dovrebbe chiudersi alla fine del 2024, pare difficile che l’Eurozona se ne possa significativamente discostare, a meno di sviluppi congiunturali particolarmente avversi.

Visto anche il recente rialzo dello spread, come pensa verrà accolto dai mercati la Nadef?

Il punto non è solo il livello di deficit previsto per il prossimo anno, ma l’incertezza – la banda di confidenza – che esiste attorno a questa previsione. Questa dipende dalle attese che i mercati si faranno sulla capacità di controllare le entrate e la spesa entro i termini previsti, evitando significativi sforamenti sul valore assoluto del numeratore, cioè il deficit di bilancio; dipende, inoltre, dal denominatore – il Pil – sul quale esistono incertezze non interamente controllabili dal Governo, come ho notato; e, non ultimo, dalle aspettative sulla futura crescita che il Governo genererà con le riforme che intende realizzare. Solo l’attesa di una crescita sostenuta garantisce ai mercati la sostenibilità del debito nel lungo termine.

(Lorenzo Torrisi)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI