In attesa del Consiglio dei ministri convocato per approvarla, c’è già una certezza riguardo la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza: visto il rallentamento dell’economia, il deficit/Pil indicato per il 2024 sarà maggiore di quello programmatico del Def di aprile, pari al 3,7%, e probabilmente superiore al 4%. Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «il disavanzo sarà più elevato per via di un gettito fiscale inadeguato, dovuto a sua volta a una base imponibile insufficiente a causa del fatto che le rate del Pnrr non vengono spese. L’utilizzo di questo “tesoretto” che non riusciamo ancora a valorizzare avrebbe un duplice impatto».
Che tipo di impatto?
Quello principale e diretto è sulla crescita dell’economia, che a sua volta consente di contenere il deficit/Pil tramite un gettito più consistente. In questo modo è possibile evitare un rischio importante per i conti pubblici.
Rischio che non consente di indicare un deficit/Pil più vicino al 5% piuttosto che al 4%.
Esattamente. Esiste il rischio che possa innescarsi un pericoloso avvitamento sul costo del debito pubblico. Oggi l’Italia deve pagare più interessi rispetto a un anno fa e occorrerebbe poter diminuire l’entità delle risorse destinate al servizio del debito. Come detto poco fa, è possibile farlo attivando i fondi del Pnrr che al momento restano ancora inutilizzati.
C’è da dire che sul deficit pesa anche la posizione assunta dalla Bce. Lunedì la Presidente Lagarde ha detto che “i tassi di interesse di riferimento della Bce saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario”. Questo vuol dire che il rifinanziamento del debito continuerà a essere più costoso di prima.
Negli Stati Uniti Powell ha ribadito che i tassi di interesse sono alti e rimarranno alti. Mi sembra che Lagarde abbia detto la stessa cosa, ma non si è forse accorta del diverso contesto economico sulle due sponde dell’Atlantico: gli Stati Uniti hanno prospettive di crescita non spettacolari, ma sicuramente più interessanti di quelle europee. Scegliere, quindi, di attuare una politica monetaria praticamente identica a quella americana aiuta a tenere più stabile il cambio euro/dollaro, ma avvicina una stagflazione. Mi sembra che si stiano prendendo alla leggera i segnali di rallentamento economico europeo.
Cosa bisognerebbe fare di fronte a questi segnali di rallentamento?
Questo rallentamento può essere compensato dai cosiddetti stabilizzatori automatici, che non sono altro che manovre anti-cicliche che possono agevolare l’uscita da una situazione di difficoltà. In mancanza di strumenti di questo tipo resta un’inflazione cattiva, non legata quindi a un aumento della domanda, insieme a un’economia in rallentamento: l’innesco di una stagflazione.
Non tutti i Paesi sono dotati di stabilizzatori automatici o hanno margini fiscali per finanziarli.
Sì, storicamente la Germania ne é fornita e ha, di conseguenza, più probabilità di uscire dalla situazione critica in cui si trova.
E l’Italia che non ha risorse per questo tipo di strumento?
L’Italia non può finanziare questo tipo di misure in deficit, ma, come detto prima, ha delle risorse inutilizzate: dovrebbe, quindi, spingere sul Pnrr per creare lavoro, reddito, Pil, base imponibile e maggior gettito. In questo modo ridurrebbe anche il rapporto deficit/Pil.
Lagarde ha anche detto di avere “bene in mente quanto dolore infliggono” gli attuali tassi di interesse, soprattutto alle famiglie che hanno mutui a tasso variabile, ma ha aggiunto che “il nostro dovere è riportare l’inflazione all’obiettivo in maniera tempestiva. Più rapidamente ci tornerà e più stabili torneranno i prezzi, meno dura sarà andare avanti”. Cosa ne pensa?
Non è un’affermazione campata per aria, ma i tempi contano. Quello che intendo dire è che certamente è un bene poter tornare a un contesto di minor inflazione, ma occorre anche poterci arrivare vivi. La politica che si sta adottando negli Stati Uniti non è quella giusta per l’Europa in questo momento. Non va poi dimenticato che sullo sfondo c’è ancora la questione Evergrande. Non si può non tenere conto che la situazione in Cina non è ancora ben chiara e definita e potrebbe quindi esserci un ulteriore rallentamento dell’economia che, vista l’attuale congiuntura, danneggerebbe più l’Ue che gli Usa.
(Lorenzo Torrisi)
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