In attesa che venga diffuso il testo definitivo, i primi elementi della Nadef, in particolare per quel che riguarda il Pil e il disavanzo indicati per il 2024, ci spiega Nicola Rossi, Professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e membro del cda dell’Istituto Bruno Leoni, «non presentano elementi di particolare novità rispetto alle attese».
Il Governo ha indicato per il prossimo anno una crescita dell’1,2%. Non è una previsione ottimistica pensando alle stime diffuse nei giorni scorsi da Commissione europea e Ocse?
Sicuramente può essere giudicata una previsione ottimistica rispetto a quello che altre proiezioni segnalano. La mia sensazione è che l’ottimismo in questo caso poggi su un’ipotesi di attuazione piena, efficiente ed efficace del Pnrr per la parte che riguarda il 2024. Se questa ipotesi dovesse concretizzarsi, l’obiettivo di crescita indicato dal Governo non sarebbe irraggiungibile.
Ritiene che si riusciranno effettivamente a utilizzare al meglio queste risorse che sono state di fatto rese disponibili, ma non ancora totalmente spese?
Da questo punto di vista quello che si può osservare è che i due precedenti Governi hanno spostato di un anno in avanti l’avvio, per così dire, dell’impatto significativo del Pnrr, il che significa che sapevano benissimo che c’erano degli evidenti ritardi nel disegno e nell’attuazione del Piano. Credo che all’attuale Esecutivo vada attribuito il merito di aver capito che non si poteva andare avanti così e di aver affrontato il tema rivedendo sia i contenuti che la governance del Piano. È ancora presto per dire se questo sarà sufficiente a garantire una piena attuazione del Pnrr a partire dal 2024, ma non si può certo negare che è stato fatto tutto perché ciò possa avvenire.
Cosa pensa, invece, della stima indicata riguardo il deficit/Pil nel 2024?
C’è uno sforamento appena percepibile rispetto al 4% che sembrava essere l’obiettivo del Governo fino a qualche giorno fa. A questo punto sarà importante vedere quale sarà l’atteggiamento della Commissione rispetto a questa scelta sul disavanzo e credo che Bruxelles valuterà essenzialmente gli impatti che essa può avere sulla discesa del debito pubblico su Pil. Da questo punto di vista, il Governo è stato sufficientemente attento a mantenere un profilo discendente, ma in termini appena percepibili (dal 140,2% del 2023 al 140,1% del 2024). Si tratta di capire se questo sarà ritenuto sufficiente dalla Commissione.
Giorgetti sembra confidare nel fatto che a Bruxelles “comprenderanno la situazione”.
Credo che l’obiettivo del Governo sia proprio quello di segnalare che comunque la traiettoria discendente del debito/Pil è stata mantenuta, anche se in termini non particolarmente incisivi. Un altro argomento che potrà portare a Bruxelles è che il rallentamento dell’economia italiana è abbastanza evidente e che questo giustifica una maggiore ampiezza del deficit. Al di là di qualche decimale in più, credo che vada segnalato che l’impostazione della Legge di bilancio rimane quella che ci si attendeva, cioè un’impostazione prudente, misurata, intesa essenzialmente a garantire e ad assicurare la stabilità molto più che non a distribuire risorse in maniera spesso irresponsabile come accaduto in passato.
Il ministro dell’Economia ha in questo senso ricordato come saranno utilizzate le risorse rese disponibili anche dall’aumento del deficit: “Interventi indispensabili a beneficio dei redditi medio bassi, in particolare il taglio cuneo e misure premiali per la natalità oltre a stanziamenti significativi per rinnovo del contratto del pubblico impiego”. Cosa ne pensa?
L’elenco di priorità del Governo era noto da settimane e non vedo clamorose novità. Ci sarà, come sempre in ogni Legge di bilancio, qualche intervento addizionale di dimensioni più ridotte, che si spera non provochi problemi. Io sono convinto che la spending review di cui tanti parlano cominci nel momento in cui si evita di spendere piuttosto che non al momento di tagliare. Di conseguenza, ritengo che una manovra misurata, contenuta e prudente è esattamente ciò che ci voleva in questa situazione.
In questo senso a inizio settimana è anche arrivata un’indicazione precisa dal Decreto energia, con interventi mirati ai soli redditi più bassi.
I limiti del bilancio pubblico in questa fase sono noti a tutti, in primo luogo all’Esecutivo. Aver tenuto conto, in maniera abbastanza puntuale, di quei limiti in questo primo anno di attività è a mio modo di vedere un titolo di merito, soprattutto perché con alcuni dei Governi precedenti in autunno non si sapeva cosa sarebbe accaduto, anche a livello di rapporti con l’Ue, proprio perché la prudenza e la misura non erano la cifra di quei Governi.
Il Governo vuole anche avviare la riforma fiscale partendo dai redditi più bassi. Cosa ne pensa?
Penso che sia del tutto ragionevole ridurre il numero delle aliquote e farlo a partire dallo scaglione più basso. Certo bisogna capire quanto si vuol essere incisivi nel disboscamento dell’ingestibile foresta delle spese fiscali. Il Governo è bene che da questo punto di vista mostri un po’ di coraggio. Anche perché è da lì che devono arrivare le risorse per finanziare il taglio delle aliquote.
Continua intanto a crescere la spesa per interessi che, come ha ricordato settimana scorsa Giorgetti, toglie per risorse per altri interventi. Potrà esserci un’inversione di rotta l’anno prossimo?
Fare questo tipo di previsione è molto complicato, ma tutto lascia supporre che la Bce sia vicina al cosiddetto tasso terminale e che i tassi di interesse rimarranno elevati per un congruo periodo di tempo. Il che significa che non ci saranno grandi riduzioni della spesa per il servizio del debito, anzi, probabilmente ci sarà ancora un piccolo aumento e poi una sua stabilizzazione. Capisco che dal punto di vista del Governo questo è un problema, ma non dobbiamo dimenticare che i rendimenti dei titoli di stato reali, tenendo conto cioè dell’inflazione, sono al momento negativi. E non possiamo pensare che ci sia una corsa ad accaparrarseli. Fortunatamente piano piano si sta eliminando quella che è una tassa odiosa, e non votata, che è l’inflazione.
(Lorenzo Torrisi)
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