Nadia Rinaldi, ospite a Weekly, ha parlato degli uomini del mondo del cinema che ha incontrato nel corso della sua ampia carriera. In primis Franco Califano. “È stata la colonna sonora della mia adolescenza. Ero costretta a sentirlo con papà, insieme alle canzoni di Gabriella Ferri. Quando mi si è presentato per la prima volta davanti e ho associato un volto alla voce, sono rimasta impressionata”, ha ammesso.
“Ho avuto modo di conoscerlo al mio trentesimo compleanno. Era di una bellezza straordinaria. Alla fine è diventato quasi il mio prototipo di uomo. Nel corso della mia vita sono andata alla ricerca di un compagno come lui. Aveva questi caratteri anche forti, però era di una sensibilità, di una carineria incommensurabile. Quando è venuto a mancare è stato fatto un film su di lui, ‘Non escludo il ritorno’, dove sono stata chiamata a interpretare la sua ultima compagna, che lo ha accompagnato fino agli ultimi giorni”, ha raccontato. La sua memoria l’accompagna anche oggi. “Le sue canzoni le canto anche durante i miei spettacoli e c’è sempre un ricordo, con delle parole molto carine rivolte a lui perché, come tanti, se n’è andato molto presto, però grazie a Dio ci ha lasciato le sue poesie meravigliose”.
Nadia Rinaldi: “Franco Califano il mio prototipo di uomo”. Il ricordo di Gigi Proietti
Un altro uomo importante nella vita di Nadia Rinaldi, oltre a Franco Califano, è stato Gigi Proietti. “Andai alla sua scuola per fare un provino, ma c’erano 600 persone. Io dicevo sempre, se Gigi mi vede, mi prende, ma eravamo tantissimi e dovevo farmi notare in qualche modo. Portai un monologo ‘Le mosche’ di Sartre, la cui didascalia è ‘Elettra entra, insultando la statua di Giove, gettando ai piedi della statua una busta piena di immondizia’. E così feci. Dentro il sacchetto c’erano spicchi, bucce di patate, il pane duro, l’arancia. Gliel’ho buttato sui piedi, lui è rimasto impressionato perché l’ho centrato in pieno”, ha ricordato.
È proprio così che è riuscita a conquistarlo e ad entrare nella scuola. “Mentre nella mia drammaticità mi esprimevo, lui si toglieva le bucce della banana dalla giacca. Io non potevo sorridere e ho continuato. Quando lui si è alzato e mi è venuto incontro, io mi sono persa. Ho detto: ‘Gigi, non mi ricordo più niente’. E lui: ‘Adesso tu ricominci da dove hai interrotto e vai fino alla fine’. E questo è stato il nostro primo incontro. Per me è stato come un secondo papà, perché il mio era venuto a mancare presto”. E conclude: “Io sono felice che tramite me e tanti altri personaggi ancora oggi lo ricordiate, perché credo sia un patrimonio artistico che non dobbiamo mai accantonare, bisogna tenerlo sempre vivo”.