«Mi raccomando, non fate i bravi oggi». Così l’11 marzo Nadia Toffa salutava i suoi fan su Facebook all’indomani della puntata de “Le Iene”. Ora quell’invito è stampato sulla copertina del suo libro postumo, “Non fate i bravi”, nel quale sono raccolti i pensieri «scritti nei giorni del silenzio». Un diario dei suoi ultimi giorni, una raccolta di riflessioni, ma soprattutto – come sottolineato dalla mamma – «un dialogo intimo con il suo cuore». La giornalista ha scritto per parlare ancora agli altri, per lasciare una traccia dei suoi pensieri e di quello che aveva imparato, ma al tempo stesso ha parlato a se stessa riempiendo di parole quei giorni che stavano finendo. Giorni in cui Nadia Toffa non ha mai smesso di lottare e credere di poter vincere la sua battaglia. Non si è infatti lasciata sopraffare dalla paura, a cui anzi ha dedicato diverse pagine, ma l’ha affrontata, perché non puoi vincerla senza prima averla sfidata.
Nadia Toffa e il “dialogo” con Dio
Della malattia di Nadia Toffa, della sua battaglia contro il cancro, si è detto molto. Quel che sorprende chi non l’ha conosciuta personalmente è come questa abbia inciso sulla sua vita spirituale. Lo ha spiegato bene don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano che ha celebrato i funerali della Iena. «Inchiodata in un letto di dolore», ha cominciato a evangelizzarlo. Non poteva odiare il dolore, altrimenti non avrebbe potuto imparare ad amare la vita. Aveva infatti compreso che tutto viene da Dio e ha “gridato” la sua fede. Le parole di don Patriciello trovano riscontro proprio in alcuni riflessioni raccolte nel libro. Nadia ha parlato di un Dio che «non fa errori» e di cui lei si sentiva una «creatura» nonostante quello che le stava accadendo. Se c’è qualcosa che manca a Dio, è il nostro amore. «Avrebbe potuto obbligarci e invece ci ha donato il libero arbitrio». E a lui riponeva le sue speranze. «Muovo le pedine che mi sono rimaste giocando a scacchi contro il destino confidando nel divino».
La luce come risposta al dolore
Nadia Toffa avrebbe potuto odiare quel Dio che l’aveva voluta mettere alla prova con un’avversità così grande, invece pensava che non fosse crudele e che la vita è fatta di prove da affrontare. Infatti per lei gli eventi, ciò che accade, è solo una parte della vita. Tutto il resto, quello che conta davvero, è come reagisci ad essi. Pensiamo allora a quello che ci resta oggi di Nadia Toffa, tralasciando i suoi progetti: il modo in cui ha affrontato la sua malattia. E ci ritroviamo a parlare della sua battaglia come un inno alla vita anche se non c’è stato alcun lieto fine. Perché non è questo il punto. «Proviamo a oltrepassare il confine». Preferiva aspettare la sua sorte senza sapere, perché sapeva che così sarebbe stata padrona di tutti i suoi giorni e avrebbe vissuto ogni momento in quell’istante, senza aspettative. La speranza era rivolta solo a Dio. Non aveva quindi certezze del domani, respirava la vita e parlava di anime che rispondono al dolore e alla sofferenza con la luce. Una luce che, nel suo caso, non si è spenta con la sua morte.