Nafamostat è un altro farmaco che potrebbe rappresentare un’arma contro il coronavirus. Usato per la pancreatite acuta, potrebbe aiutare a prevenire la trasmissione di nuove infezioni da Covid-19. Questo è almeno quanto emerso da uno studio realizzato dall’Università di Tokyo, secondo cui Nafamostat mesilato (marchio Fusan) potrebbe bloccare in maniera efficace il processo di “ingresso” virale che Sars-CoV-2 usa per diffondersi. Secondo questa ricerca, il farmaco previene la fusione dell’involucro del virus con le membrane che ricoprono le cellule ospiti. Questo step corrisponde alla prima fase dell’infezione. In Giappone è stato sviluppato anche il Camostat per trattare la pancreatite e, proprio come il Nafamostat, è considerato sicuro, avendo superato i test a riguardo. L’obiettivo ora dei ricercatori è avviare studi clinici questo mese per valutare l’efficacia di questi due farmaci per il trattamento del Covid-19. La ricerca, dunque, di terapie con farmaci già esistenti, e quindi già ritenuti sicuri, potrebbe essere una strada utile contro il nuovo coronavirus.
NAFAMOSTAT, FARMACO PANCREATITE ANTI CORONAVIRUS
I professori Jun-ichiro Inoue e Mizuki Yamamoto del Centro di ricerca per le malattie infettive asiatiche dell’Istituto di Scienze Mediche dell’Università di Tokyo ritengono che Nafamostat sia un “forte candidato” contro il Covid-19. Il gruppo di ricerca ha riferito, infatti, che già nel 2016 il farmaco era riuscito a inibire in maniera efficace la stessa fusione, ma per Mers-Cov, da qui l’intuizione per lo studio su Sars-CoV-2. Ma i ricercatori sono andati anche oltre: hanno confrontato gli effetti prodotti da Nafamostat e Camostat. Dalla comparazione è emerso che il primo ha inibito la “fusione” ad una concentrazione inferiore a un decimo di quella necessaria per il Camostat. Da qui la convinzione che sia più efficace. Attualmente Nafamostat viene somministrato clinicamente per via endovenosa, ma il metodo potrebbe cambiare. «Potrebbe essere usato in combinazione col Camostat o altri farmaci antivirali che mirano a processi separati della produzione del virus, come la replicazione dell’RNA o l’elaborazione di proteine virali», ha concoluso Inoue.