Per ora la situazione non è precipitata. Dopo l’attacco dell’Azerbaijan al Nagorno Karabakh, arrivato dopo nove mesi di chiusura del corridoio di Lachin e di blocco dei rifornimenti per tutta la regione, si apre uno spiraglio per una soluzione negoziata di una crisi che vede da una parte gli azeri del presidente Aliyev, che considerano la vicenda una questione interna al loro Paese, e dall’altra gli armeni che vivono nell’area, vessati per indurli ad abbandonare il territorio che abitano. È stato ordinato il cessate il fuoco per fare in modo che si possa iniziare a trattare. Una crisi che riguarda una zona importante dal punto di vista strategico dove si incrociano due corridoi che da Nord a Sud e da Est a Ovest costituiscono la strada maestra per il trasferimento delle merci dalla Russia all’India e dalla Turchia all’Asia centrale.
Due vie commerciali fondamentali per molti Paesi Brics, tra cui anche l’Iran. Anche per questo molti sono gli attori che si stanno adoperando per mediare tra le parti in causa. Tra questi non solo la Russia, ma anche la Turchia e gli stessi Stati Uniti, che mirano a espandere la loro influenza nella zona. Ecco perché, spiega Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Brigata Folgore in numerosi teatri operativi, tra cui Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, sono in molti a spingere per una soluzione negoziale. Per lo stesso motivo, se la situazione dovesse precipitare si potrebbero aprire scenari preoccupanti.
Generale, in Nagorno Karabakh, dopo il primo attacco armato da parte degli azeri, le parti sembrano orientate a trattare. Da dove nasce questa crisi?
Il Nagorno Karabakh, altrimenti detto Artsakh, è una regione autonoma, di popolazione armena in territorio azero. Credo che anche l’Armenia non riconosca la sua indipendenza. La prima cosa da dire per capire la situazione è che ci troviamo in un’area molto delicata, nella quale si giocano questioni strategiche molto importanti. In Azerbaijan dovrebbe transitare un asse stradale e ferroviario che da San Pietroburgo arriva al Golfo Persico attraversando l’Azerbaijan e l’Iran per arrivare poi all’India. Un collegamento vitale dal punto di vista economico ed energetico per la nuova realtà dei Brics di cui fanno parte Russia e India, mentre l’Iran è appena stato invitato. In questo contesto c’è una recrudescenza degli attriti fra Armenia e Azerbaijan. I russi inizialmente erano intervenuti a tutela degli armeni. Ora, invece, proprio in virtù della presenza di questo corridoio, l’atteggiamento è cambiato.
E quello Nord-Sud non è l’unico corridoio che dovrebbe passare nella regione: quali sono gli altri elementi per cui questa area è considerata strategica?
Oltre al collegamento Nord Sud ce n’è uno Ovest-Est altrettanto importante, che dovrebbe collegare la Turchia con l’Asia turcofona centro-meridionale attraverso il Nakhchivan, che è una regione dell’Azerbaijan incapsulata fra la Turchia e l’Armenia. Una situazione geograficamente complessa. Ecco perché sia Russia che Turchia sono interessate alla realizzazione di questi corridoi. E sono interessati anche gli Usa perché, se dovesse avverarsi questo progetto, per Mosca sarebbe una vittoria importante: chiusa la porta dell’Europa, la Russia sta cercando alternative per i suoi affari. Per questo alla realizzazione del collegamento Nord-Sud sacrifica anche i rapporti che aveva con l’Armenia, che a sua volta ha preso le distanze dalla Russia.
Dietro questa guerra, quindi, non ci sarebbe solo il progetto di pulizia etnica del Nagorno Karabakh che secondo gli armeni l’Azerbaijan starebbe attuando?
Sì, certo, c’è anche questo elemento. All’Azerbaijan farebbe comodo che questa realtà armena non ci fosse. E in effetti sono stati molto duri nei confronti dei cristiani armeni. L’intervento della Russia a suo tempo aveva tranquillizzato un po’ la situazione, ma adesso, con la guerra in Ucraina, la necessità di creare questi corridoi e di avere un rapporto più disteso con l’Azerbaijan, tutto è cambiato. Oltre alla pulizia etnica, insomma, ci sono altri elementi. Bisogna tenere conto dell’importanza strategica dell’area nella quale passano due direttrici importanti. Nella zona sono presenti anche gli americani, che hanno programmato una esercitazione militare con gli armeni. E c’è la Georgia che vorrebbe entrare nella Nato: un’eventualità cui la Russia si oppone, tanto che le ha tolto anche i territori dell’Ossezia del Sud e l’Abkhazia.
Russia e Armenia sono unite nella Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto): ha ancora un ruolo?
L’alleanza ha funzionato da ultimo quando la Russia è intervenuta in Kazakhistan (gennaio 2022, nda) per sedare dei disordini, ma in un contesto in cui Armenia e Azerbaijan sono nemici l’uno dell’altro questa alleanza ha un valore relativo.
La Russia ha cercato subito di indirizzare la vicenda verso un dialogo tra le parti: la trattativa per evitare un conflitto in Nagorno Karabakh come potrebbe svilupparsi ora?
La Russia ha tutto l’interesse che in quell’area non ci siano problemi, in modo da agevolare il corridoio di cui si è detto. E non vuole che aumenti l’influenza Usa nella zona.
Su cosa potrebbero convergere le parti per trovare un accordo?
Credo che non si troverà un accordo se non con il contributo di Turchia, Russia e Usa. Il modello potrebbe essere quello del Nakhchivan, “provincia” azera che vive in pace pur essendo schiacciata tra l’Armenia e la Turchia. Così potrebbe vivere anche il Nagorno Karabakh, che è una sorta di provincia armena, abitata da cristiani armeni, in territorio azero. Naturalmente dovrebbero essere assicurati i collegamenti con la regione che finora sono stati interrotti dagli azeri, creando problemi umanitari non indifferenti.
In quell’area insiste anche l’Iran, un altro attore che potrebbe dire la sua?
L’Iran ha paura di una guerra vicina alla sua parte settentrionale. La Turchia deve discutere con Teheran per trovare una soluzione al problema del collegamento Ovest-Est che passa dal Nackchivan, da un tratto di territorio armeno e dall’Azerbaijan, tangente al confine con l’Iran.
Se invece la situazione dovesse precipitare quali scenari potrebbero aprirsi?
Le conseguenze potrebbero essere più gravi. Lo sarebbero state di più tempo fa, quanto la Russia appoggiava l’Armenia e la Turchia l’Azerbaijan senza se e senza ma. Nessuno dei grandi attori dell’area, comunque, vede con favore una guerra lì. Un conflitto in quell’area potrebbe mettere in difficoltà la Russia che contemporaneamente sta combattendo anche in Ucraina.
(Paolo Rossetti)
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