Una pace che ha un sapore dolceamaro, a seconda del punto di vista dei due contendenti, e che di fatto sancisce nell’area l’avanzata della Turchia di Erdogan a scapito di Putin: dopo oltre 30 anni di combattimenti lo stop al conflitto del Nagorno-Karabakh da una parte ha sollevato una violenta ondata di proteste in Armenia contro il premier Nikol Pashinyan mentre dall’altra ha scatenato la gioia di piazza a Baku e in alte città dell’Azerbaijian. Il cessate il fuoco arrivato attraverso proprio la mediazione della Russia segna così di fatto la definitiva capitolazione delle forze armate armene col riconoscimento del controllo sulla regione (lo ricordiamo una enclave secessionista che aveva visto partecipare al conflitto le truppe dei separatisti armeni) da parte del governo azero avrà notevoli implicazioni a livello politico e segna la vittoria del premier Ilham Aliyev che aveva promesso al suo popolo che nulla avrebbe fermato la decisiva avanzata dei suoi uomini. Inoltre, come spiegano in queste ore alcuni osservatori internazionali ed esperti di geopolitica, a determinare quest’esito favorevole ad Erdogan è stata anche l’assenza degli USA (in queste ore in altre faccende affaccendati…), la pandemia e il ruolo marginale dell’Europa, senza dimenticare il fatto che Ankara ha sfruttato le indecisioni russe per piazzare la propria bandierina su una guerra che appunto dopo un trentennio trova una sua necessaria, ma dolorosa, pace. (agg. di R. G. Flore)



PROTESTE IN ARMENIA PER LA RESA, MENTRE A BAKU…

L’accordo di pace per un cessate il fuoco totale in Nagorno-Karabakh non rappresenta un equo compromesso, ma quanto di più vicino ad un’affermazione dell’Azerbaijan rispetto all’Armenia. L’avanzate delle truppe azere, sostenute dalla Turchia, non ha lasciato però altra scelta al primo ministro di Erevan, Nikol Pashinyan, se non quella di accettare le condizioni di un’intesa che avrà il merito quanto meno di congelare la situazione. All’interno della collettività armena, però, non sono pochi i contrari alla tregua. Come riportato da Il Post, dopo l’annuncio dell’accordo centinaia di manifestanti hanno infatti assaltato le sedi del governo nella capitale arrivando fin dentro al parlamento. I vetri delle finestre della residenza ufficiale del premier sono stati rotti e la targhetta della porta del suo ufficio è stata strappata con l’accusa di tradimento. (agg. di Dario D’Angelo)



NAGORNO-KARABAKH: ACCORDO PER TREGUA TOTALE

Svolta importante nella guerra fra Armenia e Azerbaijan: è stato infatti trovato un accordo di pace per quanto riguarda la regione del Nagorno-Karabakh. L’intesa, sottoscritta alla presenza della Russia, comprende un cessate il fuoco totale, e giunge dopo ben sei settimane incessanti di combattimenti sul fronte, che hanno portato a vittime e distruzione. Il cessate fuoco è in vigore di preciso dalle ore 22:00 italiane di lunedì come sottolineato dai colleghi dell’Huffington Post, e la pace è stata annunciata attraverso la propria pagina Facebook dal primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, poi successivamente confermato da Azerbaijan e infine dalla Russia. Ilham Aliyev, presidente degli azeri, ha espresso la propria soddisfazione per l’intesa raggiunta, dichiarando che «la firma della dichiarazione trilaterale sarà un punto cruciale per la soluzione del conflitto». Una tregua che è giunta poche ore che alcuni funzionari di etnia armena del Nagorno-Karabakh, aveva confermato che Shusha, città chiave dell’Armenia, nonché la seconda più grande dello stesso enclave, era stata conquistata dalle forze azere.



NAGORNO KARABAKH, PASHINYAN “ACCORDO MOLTO DOLOROSO”

Nikol Pashinyan, primo ministro dell’Armenia, ha commentato dicendo che l’accordo di pace è «indicibilmente doloroso per me e per il nostro popolo», annunciando poi che la decisione è stata presa a seguito di «un’analisi approfondita della situazione militare», in cui le forze aree nemiche si stavano minacciosamente avvicinandosi a Stepanakert, la città principale della regione. Alieyv, presidente dell’Azerbaijian, ha aggiunto che si tratta di un accordo storico, e che l’Armenia è stata costretta a siglarlo vista l’avanzata del suo esercito. L’annuncio del cessate il fuoco totale non è stato accolto in maniera benevola in Armenia, e centinaia di manifestanti hanno espresso la loro contrarietà alla tregua, assaltando le sedi del governo presso la capitale Yerevan; rotti i vetri delle finestra della residenza ufficiale di Pashinyan, accusato dalla folla di essere un traditore. Le proteste sono poi continuate anche dentro il parlamento.