Il Nagorno Karabakh lotta per la sua sopravvivenza. Nonostante gli appelli della comunità internazionale e le trattative per liberare il corridoio di Lacin gli azeri continuano a bloccare completamente l’area impedendo qualsiasi tipo di rifornimento dall’Armenia all’Artsakh (il nome armeno della regione). Un vero e proprio assedio al quale gli interventi dell’Unione europea e le iniziative a livello diplomatico di Usa, Francia e Russia non riescono a porre fine.
L’Azerbaijan continua nella sua azione, che sta provocando una crisi umanitaria sempre più grave, con il solo obiettivo di indurre i 120mila abitanti della regione ad andarsene. Un atteggiamento che può continuare a tenere anche per le contraddizioni della Ue, che da una parte condanna il blocco del corridoio da parte degli azeri e dall’altra conferma al presidente Aliyev il ruolo strategico del suo Paese nei confronti dell’Europa dal punto di vista energetico. Dall’inizio della guerra, infatti, spiega Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice armena in Italia, attraverso l’Azerbaijan viene commercializzato il gas russo. Il problema è che tutti, a parole, condannano il comportamento azero, ma Aliyev non allenta il blocco. E nessuno interviene per farlo smettere.
Ambasciatrice, come si è arrivati a questa situazione?
Dal dicembre dell’anno scorso la crisi umanitaria nel Nagorno Karabakh, a seguito del blocco illegale del corridoio di Lacin che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo esterno, ha continuato ad aggravarsi. Quello che il 12 dicembre chiamavamo blocco ora per i 120mila abitanti della zona è diventato un assedio: si è fermato tutto. Altri 30mila cittadini che si trovavano fuori dall’Artsakh sono stati privati della possibilità di tornare in Patria, nelle loro case. Dalla fine del 2022 il movimento di persone e merci, con un volume molto limitato, avveniva solo attraverso il Comitato internazionale della Croce Rossa e le forze di pace russe. Anche le possibilità di movimento interno delle persone erano molto limitate per mancanza di carburante. Il 9 gennaio 2023 l’Azerbaijan ha interrotto la fornitura di energia elettrica per l’Artsakh. Il 23 aprile ha istituto un posto di blocco illegale sul confine avviando un controllo militare severo e arbitrario su tutti i movimenti. Dal 15 giugno ha bloccato completamente il corridoio vietando il trasporto di qualsiasi persona o merce.
Non possono transitare neanche cibo e farmaci?
No. Non passa niente, neanche attraverso la Croce Rossa. Hanno solo dato il permesso di trasportare alcuni malati molto gravi in Armenia.
La gente come fa a sopravvivere?
Ci sono state già anche delle tragedie. Una madre ha dovuto lasciare a casa due figli di tre e sei anni per andare in città a piedi, vista la mancanza di trasporti, a cercare viveri. I bambini si sono rifugiati in una macchina ma a causa della temperatura di questi giorni, 40 gradi, sono stati ritrovati morti. C’è un peggioramento della scarsità di cibo. Prima del blocco circa il 90% dei viveri arrivava dall’Armenia. E a causa della crescente carenza di carburante e di altre risorse il 70% delle coltivazioni pianificate non sono state eseguite. Questo vale anche per altri settori. I trasporti sono stati ridotti del 50%, quello privato è bloccato del tutto. Mancano medicinali, forniture mediche, materiale per l’igiene. Non vengono trasportati i malati in Armenia, mettendo a rischio anche la vita delle persone.
Sono in corso trattative a Bruxelles tra le parti per cercare di risolvere la situazione, come si può intervenire?
Ci sono negoziati in corso tra Azerbaijan e Armenia con la mediazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Dopo ogni incontro ci sono risultati, ma quando Aliyev torna a casa non fa proprio nulla. C’era anche un accordo per la liberazione di prigionieri di guerra del 2020 ma non è stato attuato. Ci sono due decisioni della Corte dell’Aja, che il 22 febbraio e il 6 luglio ha disposto di togliere il blocco del corridoio. Ma non è successo niente. Non si può dire che la comunità internazionale non abbia reagito: così hanno fatto il Parlamento e il Consiglio europeo e Paesi come la Francia e il Canada. Ma tutto questo all’Azerbaijan non interessa. Per gli azeri non c’è nessuna punizione.
Qual è il loro obiettivo, svuotare il Nagorno Karabakh?
Sì. L’obiettivo è svuotare l’Artsakh senza ammazzare nessuno, farlo, cioè, senza fare rumore. Vogliono rendere insopportabile la permanenza per la popolazione, per occupare loro l’area.
Ci sono attori internazionali che possono agire per cambiare l’atteggiamento degli azeri?
Prima c’era il gruppo di Misnk, che era lo strumento più efficace. Ne facevano parte la Francia, a nome della Ue, Usa e Russia. Dopo la guerra in Ucraina non funziona perché queste nazioni non si mettono al tavolo insieme. In realtà ci sono negoziati in corso, separati, portati avanti dagli stessi attori singolarmente: Russia, Ue e Usa. Ma così ognuno tende ad andare per la sua strada.
Non ci potrebbe essere una risoluzione dell’Onu che garantisca il passaggio nel corridoio di Lacin?
Nel Consiglio di sicurezza ci sono cinque membri permanenti e altri dieci non permanenti: è difficile trovare un consenso perché ogni vicenda oggi è molto politicizzata, persino le questioni umanitarie. Anche perché, ad esempio, l’Azerbaijan quando vuole attrarre dalla sua parte i Paesi musulmani presenta il problema del Nagorno Karabakh come un conflitto religioso. Cosa non vera: noi abbiamo buonissimi rapporti con Paesi come l’Iran e il mondo arabo. La Siria a inizio ‘900 è stato il primo Paese di accoglienza degli armeni scappati dal genocidio.
Non c’è la possibilità di un ponte aereo per portare almeno i generi di prima necessità, magari con degli elicotteri?
Gli elicotteri li abbattono, c’è un controllo militare di tutta la zona, sia stradale che aereo. Sono in contatto con una famiglia che abita lì: mi hanno detto che i bambini quest’inverno non sono andati a scuola perché non c’era riscaldamento e carburante per i trasporti. In estate, con il caldo, la situazione si ripete perché manca la possibilità di usare sistemi di condizionamento. E continuano a mancare cibo e combustibili per i trasporti.
Come se ne esce?
Se c’è un’ordinanza della Corte internazionale giuridicamente vincolante che dice di liberare il corridoio di Lacin e l’Azerbaijan non lo fa ci devono essere delle conseguenze. Se il Paese non rispetta le risoluzioni del Consiglio d’Europa deve essere sospeso da questa istituzione e se con l’andar tempo rimane su questa posizione deve essere espulso. Nessuno fa nulla, solo dichiarazioni, ma gli azeri non capiscono questa lingua.
L’Unione europea cosa potrebbe fare?
La Ue da una parte chiede di togliere il blocco, ma dall’altra la von der Leyen va in Azerbaijan a dire agli azeri che sono partner molto importanti per l’Europa. Aliyev così non si sente isolato, ma forte. Sa che è un partner importante perché garantisce di sostituire il gas russo. In realtà non lo sostituisce perché l’Azerbaijan vende spesso gas russo. Il giorno prima dello scoppio della guerra in Ucraina il presidente azero era a Mosca in visita ufficiale per firmare un’alleanza con i russi. Nell’accordo si parla di cooperazione nel campo energetico per la produzione e il trasporto del gas e del petrolio. L’Azerbaijan poteva vendere 9 miliardi di metri cubi di gas, ora ne vende 20 miliardi. Dove ha preso la differenza?
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