NANCY FRASER, LA “FATWA” DELLA FILOSOFA FEMMINISTA CONTRO IL CAPITALISMO

Dai migranti al Covid, dalle ingiustizie fino al riscaldamento climatico e alla guerra in Ucraina, il responsabile e “nemico pubblico” n.1 resta sempre e solo il capitalismo: lo dice la filosofa femminista Nancy Fraser, docente di scienze politiche nel “tempio” del pensiero progressista americano, ovvero la New School for Social Research di New York. Nella lunga intervista a “La Repubblica” la filosofa parte dalla tragedia dei migranti a Cutro per arrivare ad incolpare il mondo capitalista che genera in continuazione disuguaglianze e storture. «Tocca da molti secoli ai neri e a tutti gli emarginati l’infausta sorte di subire spoliazioni ed espropriazioni di beni e diritti, ed essere infine costretti a fuggire dalla violenza, dalla povertà e dai disastri, prodotti oggi anche dal cambiamento climatico, per poi venir confinati in gabbie alle frontiere o lasciati annegare in mare», attacca Fraser individuando nel capitalismo il male in assoluti, «Un eterno memento dell’egoismo di una società opulenta che non vuole condividere le risorse con gli sventurati del Sud del mondo se non sfruttandoli: il capitalismo continua a nutrirsi di diseredati finché si distruggerà per la sua cieca ingordigia».



Nancy Fraser parla alla sinistra in Italia e nel mondo affinché possa “destarsi” (e qui gli echi della cultura “woke” sembrano risuonare seppur “inconsciamente”…) contro il destino di un capitalismo ormai insostenibile, dice lei in quella che risuona come una sorta di “fatwa” anticapitalista: “il capitalismo è cannibale” (dal titolo del libro suo più celebre, ndr) in quanto «l’occidente storicamente ha espropriato e sfruttato risorse che non gli appartenevano senza dare nulla in cambio, anzi spesso riportandosi indietro uomini e donne per continuare a usarli come carne da lavoro. E perché ancora persegue la stessa logica con gli stipendi da fame che non arrivano a fine mese, con orari massacranti, con contratti inesistenti o non protettivi, e poi con speculazioni finanziarie, il più delle volte ai danni delle stesse classi svantaggiate che per esempio sono vittime dei prestiti capestro delle banche». Secondo Fraser il socialismo e una politica progressista potrebbero fare molto meglio del capitalismo (e non mette in dubbio nulla della cultura di sinistra, altra “stranezza” per un filosofo, ndr): «Un nuovo ordine sociale deve superare il dominio di classe, le asimmetrie sociali, l’oppressione etnica e razziale. Ma il capitalismo è un sistema più forte di qualsiasi Stato e impone le sue regole […] a controllare il destino del pianeta non siamo noi ma la classe dominante dei capitalisti».



“COVID COLPA DEL CAPITALISMO E DEL RISCALDAMENTO GLOBALE”: PARLA FRASER

Serve ribellarsi e sovvertire questo sistema capitalista, rileva Nancy Fraser richiamando Marx e i “padri” del socialismo progressista: «Devono emergere forze politiche in grado di unificare i poveri, gli sfruttati, le vittime del razzismo compreso quello contro i migranti, per rinnovare completamente i rapporti economici e sociali». Qui la filosofa femminista su “Rep” sembra ritenere come molto difficile da realizzare un sovvertimento del genere, eppure «il vuoto da riempire c’è, l’occasione è a portata di mano: Gramsci direbbe che è in crisi l’egemonia del neoliberismo, che dà valore solo al libero mercato perché questo risolverebbe tutto senza interventi statali. Una teoria che ha pervaso l’occidente dal dopoguerra ma ha creato tali diseguaglianze che viene finalmente messa in discussione. Senonché gli unici a inserirsi di prepotenza nel malcontento diffuso sono i populisti di destra con le loro false promesse troppe volte vincenti».



Nell’analisi del suo “manifesto” anticapitalista, Fraser arriva a dire che anche il Covid-19 è stato un prodotto del capitalismo: «La pandemia è stata causata dallo sfrenato bisogno di arricchimento che calpesta qualsiasi regola del buon senso. Accomuna il mondo ma ha provocato la diffusione del virus, che viveva nel profondo delle caverne abitate dai pipistrelli ed è stato portato alla luce dal riscaldamento globale e dall’urbanizzazione frenetica di Wuhan in una zona selvaggia, due colpe lampanti del capitalismo. La globalizzazione sfrenata l’ha diffuso in un lampo». Dal Covid alla guerra, il passo è breve anche in questo senso: secondo la filosofa Usa l’attacco russo è stato «feroce e orrendo», eppure una espansione di troppo la Nato «l’avrebbe tentata». Per questo motivo, conclude Nancy Fraser su “La Repubblica”, ormai la guerra in Ucraina è divenuta una «guerra per procura Usa versus Russia. A questo punto gli Stati Uniti devono rinunciare alla pretesa di ricreare l’immagine eroica da liberatori che si erano cuciti addosso nella seconda guerra mondiale ma poi hanno perso nelle tante disavventure successive. Non hanno più un’indiscussa autorità morale ed economica, quest’ultima messa in discussione dalla Cina, e devono sfoderare le armi della diplomazia. Se uno dei due vuole vincere sul campo, la guerra durerà in eterno».