«Nessuno sembrava capace di fermarlo»: la storia e la figura di Napoleone Bonaparte, di cui ricorsi lo scorso 5 maggio i 200 anni dalla morte, narrano gesta eroiche, imprese titaniche, ma anche arroganza a non finire e un “volo più alto del sole” che lo fece schiantare con il suo Impero in pesantissime sconfitte. Manzoni e Beethoven ne rimasero affascinati all’epoca ma non poterono non acclarare anche l’ardire massimo di un uomo che pensò da solo di poter conquistare il mondo (e quasi vi riuscì per 15 anni).



Nelle sue meditazioni “Un mese con Maria” su Vatican News e Telepace, il Cardinal Angelo Comastri ha voluto ricordare in maniera particolare la figura di Napoleone, andando sì a scavare nelle arroganze miste a imprese del ‘fu’ Bonaparte ma rivelando quanto di poco conosciuto ai “posteri”. Napoleone Bonaparte sperimentò “il triste esilio” e “sparve”, ha scritto Manzoni, con Comastri che aggiunge «concludendo i suoi giorni “nell’ozio” dell’isola di Sant’Elena. Ma proprio qui, dove era stato confinato, si “sgonfiò il suo orgoglio” e ritrovò la fede, come è testimoniato da alcune persone che hanno vissuto con lui sull’isola».



LA FEDE DI NAPOLEONE

Il Bonaparte all’apice della sua auto-idolatria, cercò di chiudere la bocca anche alla Madonna, sostituendo la Festa dell’Assunzione il 15 agosto con la glorificazione nel giorno del suo compleanno, divenuto dunque “San Napoleone”. Ma le parole di Maria sono compiute anche per Napoleone: dopo la pesante sconfitta di Waterloo nel 1815, l’ex Imperatore venne confinato nella sperduta isola di Sant’Elena dove Manzoni chiosò in maniera memorabile, «e lì sparve». Nell’Isola «si sgonfiò il pallone dell’orgoglio e si riavvicinò a Gesù in maniera sorprendente», spiega ancora Card. Comastri. 20 anni dopo la sua morte alcune testimonianze di generali in elisio con lui vengono riportate in un libretto: su quello il Cardinale sottolinea l’imponderabile, come un uomo che toccò il cielo con un dito riuscì al fin della sua vita a chiedere a suo modo perdono. «Spesso di parlava di fede e religione e chi contrastava Napoleone era il generale Bertrand: “ma come fa lei a credere all’esistenza di Dio? L’ha mai visto Dio?”». E Napoleone sorprende con le sue risposte: «caro generale, lei sempre dice di credere nel mio genio militare. L’ha mai visto il mio genio militare? Lei vede gli effetti, le vittorie, vede la mia capacità di organizzare il mio esercito, eppure quel genio non l’ha mai visto. Nonostante questo, ci crede a quel genio». Così Napoleone arriva alla fede: «non l’ho mai visto, ma guardando gli effetti io risalgo alla causa, una causa deve esserci». In un’altra discussione, il tema capitò su Gesù: Napoleone difendeva la sua convinzione della divinità del Signore, ma lo stesso generale lo contesta «ma lei come fa a credere che l’essere supremo abbia preso la forma umana e che si sia mostrato agli uomini con un volto simile a noi. Per me era soltanto un uomo». L’Imperatore gli rispose, racconta Comastri: «io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era soltanto un uomo. Tra il Cristianesimo e le altre religioni c’è una distanza che vale come l’infinito: i fondatori delle altre religioni non hanno niente di divino, vedo tra loro e me tanti punti di contatto tra genio e difetti. Ma non si può dire lo stesso di Cristo: il suo spirito mi supera, Gesù è unico. Nella storia io ho cercato qualcuno che rassomigliasse a Lui ma non l’ho mai trovato, tra Gesù e tutti gli altri c’è la distanza dell’infinito». Chiosa finale con il Manzoni: «venne una mano dal cielo e l’avvio per i floridi sentieri della speranza, […] ai campi eterni […] dove è silenzio e tenebre la parola passò». Fu la fede a consolare Napoleone, spiega Comastri: «dovunque si incontra Gesù c’è la mano di Maria, anche per l’imperatore che è un suo figlio come tutti noi».