Con una recente sentenza della Corte di Cassazione la NASpI 2024 non può essere concessa soltanto per il “licenziamento o le dimissioni”. Questi due elementi non sono sufficienti a poter concedere la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego.

In realtà quel che non è sufficiente è il mero stato di disoccupazione. Infatti il potenziale beneficiario della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego deve dimostrare di avere la voglia di lavorare tramite la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.



NASpI 2024: l’errore da non commettere

Per percepire la NASpI 2024 occorre procedere alla Did (Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro). La Corte, con la sentenza numero 22993/2024 ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale su un caso correlato tra la disoccupazione e la dichiarazione di poter lavorare fin da subito.



La sentenza vedeva coinvolta l’INPS accusata di non aver rispettato i tempi di erogazione della disoccupazione (ai tempi la vecchia Aspi) “soltanto” perché il beneficiario non aveva presentato la Did. Secondo la Cassazione l’istituto previdenziale aveva tutte le carte in regola per comportarsi come ha fatto.

Nello specifico il disoccupato era stato licenziato il 21 novembre del 2014 e aveva fatto domanda per la vecchia Aspi (ora NASpI) il 21 gennaio 2025. Il motivo per cui egli ha portato “in causa” l’INPS è stato perché ha ricevuto la disoccupazione soltanto a novembre del 2015.



Il ritardo di quasi un anno è stato giustificato perché insieme alla domanda di disoccupazione era necessario dare la Did così da poter dimostrare la propria volontà di lavorare fin da subito.

Il ricorso rigettato

Il ricorso del contribuente è stato rigettato proprio per la mancanza della Did, che sarebbe un elemento indispensabile per poter pagare la NASpI dallo stesso momento in cui viene fatta domanda.

Viceversa l’INPS ha tutto il diritto di rivalersi sulla falsa applicazione o violazione dell’articolo 19, comma 2, della Legge numero 56 del 1987 con cui certifica che il “lavoratore ha perso il lavoro per cause a lui non imputabili e non per sua volontà”.