Se è impossibile portare avanti l’attività imprenditoriale, finanziata con l’anticipo della Naspi, per cause non attribuibili al percettore, questi non deve procedere con la restituzione integrale, perché deve essere proporzionata alla durata del rapporto di lavoro subordinato stabilito durante il periodo coperto dall’indennità. Lo stabilisce la Corte costituzionale, con una sentenza con cui ha riconosciuto che chi riceve l’indennità di disoccupazione ma non può continuare la sua attività per cause che non sono a lui imputabili non deve restituire l’intera somma, ma solo una proporzionata al tempo lavorato. Il principio è stato affermato dalla Consulta con la sentenza numero 90 di quest’anno con cui dichiara che l’articolo 8 comma 4 del decreto legge del 4 marzo 2015 è illegittimo dal punto di vista costituzionale nella parte in cui non limita l’obbligo di restituire l’anticipazione della Naspi.



La vicenda parte dal caso di un lavoratore a cui l’Inps aveva erogato anticipatamente la Naspi come incentivo per la sua attività imprenditoriale, nello specifico aveva perso il posto di lavoro e doveva aprire un bar. L’Istituto previdenziale gli aveva poi chiesto la restituzione di questa somma perché, prima che terminasse il periodo per il quale era stato accordato l’indennizzo, l’uomo aveva cessato l’attività per le restrizioni Covid e aveva trovato un lavoro subordinato a tempo indeterminato.



NASPI E ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE, COSA HA DECISO LA CONSULTA

Secondo la Consulta, la richiesta di restituzione integrale della Naspi viola il principio di proporzionalità e ragionevolezza, oltre che il diritto al lavoro, se non è stato possibile portare avanti l’attività imprenditoriale a causa di una difficoltà oggettiva insuperabile, come nel caso delle restrizioni Covid. Se un’attività è stata avviata e portata avanti per un periodo di tempo apprezzabile proprio grazie a quell’incentivo, allora risulta soddisfatta la finalità antielusiva della disposizione.

Quindi, il percettore della Naspi deve aver chiuso l’attività per un motivo di cui non deve essere responsabile, quindi la restituzione va ridimensionata in modo che l’importo sia proporzionale alla durata del rapporto di lavoro subordinato stabilito nel periodo coperto dalla Naspi. La Corte costituzionale, d’altra parte, ha confermato una sua precedente decisione, ribadendo che l’eventuale mancato successo della sua attività non esonera il percettore dell’indennizzo dalla restituzione integrale dell’anticipo se trova lavoro nel periodo cui si riferisce la Naspi.