“Vedi la mia miseria e salvami”. Questo è il primo grido che risveglia dall’oscurità nella quale la vita si trova. È una oscurità, quella che è in noi, piena di distrazione, di solitudine e vuoto, in una parola di scetticismo, che ci ingombra e ci toglie il respiro, frutto questo del peccato che allontana il cuore dal suo scopo, dal suo oggetto e lo esilia nel paese della dissimilitudine.
Già il profeta Isaia diceva: “Le tenebre ricoprono la terra e nebbia fitta avvolge le nazioni” (60,2)… al punto che l’uomo non comprende più la ragione delle cose, cosa sia bene e cosa sia male.
Dentro la morsa di questa oscurità, l’unica risorsa che abbiamo è il grido del salmista: “Da dove mi verrà l’aiuto?” (Sal 120,1). Da dove? Da dove viene la nostra salvezza? Chi ha una risposta, un perché esauriente a tutto ciò che accade? C’è davvero un luogo, non astratto, ma reale, concreto dove sia possibile sperimentare ora una novità di vita?
Certamente essa non può nascere da noi, neanche come immaginazione, dato che siamo noi che dobbiamo essere liberati dalle nostre schiavitù. È necessario, pertanto, che la domanda resti aperta, essere attenti al reale, perché – diceva don Giussani – se ami la risposta “allora la risposta emerge” (Si può (veramente?!) vivere così?, 1996, pag. 402): in un segno, in un volto, in un fatto, in un luogo. Se è il Mistero di Dio che ci suscita la domanda di senso e di compimento, non delude mai le nostre attese, le nostre aspettative, Egli è puntuale all’appuntamento con chi lo cerca e lo invoca. Anzi, ci ricorda san Benedetto nel Prologo della sua Regola, “prima ancora che mi invochiate, vi dirò ‘Eccomi'”… sono qui. E infatti, dice ancora il profeta Isaia (9,1), “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”: Dio è fedele!
All’abisso del cuore dell’uomo risponde l’abisso della misericordia di Dio. Dio sorprende tutti, Dio si fa carne, si fa uomo, per arrivare fino a me, prendere la mia mano e salvarmi. Il Natale di Cristo è dunque il momento che esprime la verità dell’uomo. L’uomo, ogni uomo, è un essere amato da Dio, il valore dell’uomo è Gesù Cristo, nato, morto, risorto.
Tutto questo si rivela a noi in un punto che sembra piccolo, fragile, ma nello stesso tempo è così chiaro e reale che tutta l’oscurità che lo circonda non può fare niente contro di esso. Una volta visto, riconosciuto, rimane per sempre. Così Papa Francesco illustra questo grande Mistero: “se vogliamo festeggiare davvero il Natale riscopriamo attraverso il presepe la sorpresa e lo stupore della piccolezza, la piccolezza di Dio, che si fa piccolo, che non nasce nei fasti dell’apparenza, ma nella povertà di una stalla. E per incontrarlo bisogna raggiungerlo lì, dove Egli sta; occorre abbassarsi, occorre farsi piccoli, lasciare ogni vanità, per arrivare dove Lui è. E la preghiera è la via migliore per dire grazie di fronte a questo dono d’amore gratuito, dire grazie Gesù che desidera entrare nelle nostre case e nei nostri cuori. Sì, Dio ci ama così tanto da condividere la nostra umanità e la nostra vita. Non ci lascia mai soli, è al nostro fianco in ogni circostanza, nella gioia come nel dolore. Anche nei momenti più brutti, Lui è lì, perché Lui è l’Emmanuele, il Dio con noi, la luce che illumina le oscurità e la presenza tenera che ci accompagna nel cammino” (3 dicembre 2022).
È in questo punto apparentemente fragile della realtà – che è la Chiesa – che il Mistero si rivela e, coagulandosi con le nostre vite, si rende visibile e incontrabile come vera possibilità di unità e di pace. Non solo però Cristo ci salva, ma ci rende partecipi e portatori del suo nome nel mondo, ci rende collaboratori del suo disegno nel mondo.
Allora, qualsiasi sia la nostra situazione di miseria, il Signore ha pietà di noi. È da questa certezza del suo perdono che viene la certezza della fede e la letizia sui nostri volti. Il Signore è più forte del nostro male e trionfa in chi Lo cerca; non in chi non sbaglia, ma in chi si fida di Lui.
Qualsiasi sia la situazione dell’uomo, nel suo Natale Dio ha pronunciato la sua sentenza definitiva: “Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il frutto del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non mi dimenticherò mai” di te (Is 49,15).
Il Signore non si dimentica di noi, così le nostre rovine, anche le peggiori dell’esistenza, per quanto desolata sia la situazione, sono destinate a rifiorire, a rinascere, perché su di esse si è posato lo sguardo del Signore, colmo di bene e di amore!
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