La nostra giornata monastica è ritmata regolarmente da sette momenti di preghiera, che vanno dalle cinque del mattino alle ventuno della sera. Tale preghiera segue i ritmi dell’Anno Liturgico, e si imbeve della Parola di Dio a cui si deve prestare ascolto. Se uno di noi fosse distratto in un momento dell’Ufficio, nell’Ora successiva può essere recuperato; se anche in questa vince l’abitudine, difficilmente sfugge alla lettura a pranzo. Insomma, il richiamo di Dio è abbondante, ma in questo tempo d’Avvento e del Natale, la Sua Parola, per risvegliare le nostre menti intorpidite, si fa decisa e incisiva più che mai. La parola vera è sempre una parola dura, che rompe, grazie a Dio, le nostre false sicurezze. Riporto alcuni accenti con i quali Dio ci ha richiamato in questi giorni, attraverso la Liturgia:
Gioele: “Viene il giorno del Signore, è vicino, giorno di tenebra e di caligine, giorno di nube e di oscurità”. Questo giorno del Signore è visto come l’arrivo improvviso di un esercito nemico, che senza pietà “piomba nelle città, si precipita sulle mura, sale sulle case, entra dalle finestre come ladri”.
Abdia: “L’orgoglio del tuo cuore ti ha esaltato, tu che ti nascondi nei crepacci rocciosi e dici in cuor tuo: ‘Chi potrà gettarmi a terra?’. Anche se ti innalzassi come un’aquila e collocassi il tuo nido fra le stelle, di lassù ti farei precipitare, dice il Signore”.
Malachia: “Se Edom dicesse: ‘Siamo stati distrutti ma ci alzeremo dalle nostre rovine’, il Signore dichiara: ‘Essi costruiranno, ma io demolirò’”.
Isaia: “Spianate le strade, rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo… Poiché io non voglio discutere sempre, né per sempre essere adirato, altrimenti davanti a me verrebbe meno l’alito vitale che ho creato, dice il Signore”.
È un’insistenza che non lascia il tempo per costruire ripari, perché si rivelano fragili davanti all’urto e alla forza di Dio. Una dopo l’altra cadono come pietre le nostre resistenze messe a nudo, e Lui fa breccia nelle nostre mura, fino a toccare il cuore e renderlo contrito, cioè cosciente della propria ottusità e del proprio peccato.
Questo modo deciso di operare da parte di Dio è come una ventata di aria fresca. Infatti, chi oggi ha il coraggio di parlare così al mio cuore, e dirmi le cose in faccia in modo netto, come me le dicevano mio padre e mia madre? Tutto il richiamo del Signore non è se io sono bravo e fedele, ma: come io sto davanti a Lui? Il mio cuore si impegna totalmente nel rapporto con Lui? Il punto è la verità del rapporto con Dio.
Solo uno che è Padre, che mi vuole bene, e ama il mio destino più di me stesso, che sa che sono suo, può arrivare a correggermi fino in fondo. E la correzione non consiste nel cercare di “diventare capaci…”, ma di accettare che è un Altro che mi salva. Questo partire da un Altro opera la resurrezione della coscienza e l’esaltazione dell’umano.
E il metodo giusto non è un concetto da applicare, ma riconoscere una Presenza ora, capace di destare il cuore alla sua verità. Questo ci rende liberi di aderire al presente come un fattore interessante per sé.
Questa correzione da dove viene? Dalla pietà di Dio per me, viene da Dio fatto uomo, da un uomo presente tra noi che è vero Dio e vero uomo. Questo rapporto generativo col Padre fissa il metodo con tutto, ogni cosa è dentro il nesso con questa pienezza.
È dentro questa rinascita dell’io, pieno di tenerezza di Dio, che si vedono le guerre, qualsiasi guerra, come la più grande sfasatura dell’uomo, che pretende di essere grande a scapito dell’altro, o di essere al sicuro annientando l’altro. Da queste guerre tutti escono sconfitti; la guerra, infatti rinchiude ulteriormente in ciò che impedisce di vedere realmente sé stessi. Solo uomini nuovi, nati dal Natale di Cristo, che portano nella loro vita l’esperienza della resurrezione, possono portare nel mondo la luce della speranza, facilmente intercettabile in chi ha il cuore ferito.
Quando il tempo fu compiuto, la voce di Giovanni Battista cominciò a risuonare nel deserto. La sua stessa voce continua ora nella Chiesa come promessa compiuta. Ora come allora, chi vi porge ascolto? Siamo così distratti che nonostante le bombe, l’attenzione è concentrata sulle spese di Natale o sulle vacanze da organizzare. Eppure, quel grido di Giovanni Battista arrivò, allora, in Galilea. Andrea e Giovanni ne furono percossi e toccati nell’intimo, andarono a vedere, come precedentemente i Pastori e i Magi, e si trovarono dentro un Avvenimento che li confermava nel loro inizio, davanti a Gesù si trovarono davanti a loro stessi per la prima volta: “Maestro, dove abiti? Venite e vedete”. Il Verbo si è fatto carne e abita fra noi. Il monastero per noi è il luogo dove impariamo i tratti della Sua e nostra umanità nuova.
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