Dal 2016, nel nord-ovest e nel sud-ovest del Camerun, regioni anglofone, è in atto una rivolta contro il governo del Paese, sulla scia di proteste e scioperi degli insegnanti, che denunciavano anni di discriminazione da parte della maggioranza francofona. La protesta, all’inizio pacifica, è stata cavalcata dai movimenti indipendentisti ed è degenerata nel 2017 in un conflitto armato, ignorato da tutto l’Occidente, tra gruppi separatisti ed esercito, con un bilancio che in questi sei anni conta già 6mila morti civili e oltre 700mila sfollati.
Anche la Chiesa cattolica del Camerun è stata oggetto di violenti attacchi: come hanno fatto notare recentemente i vescovi del Paese, se nel 2016 “il popolo ha sofferto terribilmente e uomini e donne di Dio sono stati facile bersaglio di rapitori, torturatori e uomini armati senza scrupoli, un’ondata di persecuzione contro la gerarchia della Chiesa è ora il nuovo gioco della ‘lotta’, e ogni tipo di messaggio di minaccia viene destinato ai missionari che hanno rinunciato alla loro vita per lavorare per il popolo”.
Eppure, come ricorda fra Terence Lukong Sahven, frate cappuccino camerunense guardiano di un convento nella parrocchia di Shisong, nella zona occidentale del Paese, “il Camerun è sempre stato un Paese di pace”, mentre oggi “c’è molta tensione, spari frequenti, tante persone sono morte, molteplici scuole sono state chiuse”. Ma “in un momento di violenze e guerra come quello che stiamo affrontando noi frati cappuccini cerchiamo sempre di mostrare, soprattutto ai più piccoli, la bellezza della gioia del Santo Natale, la bellezza della fede cristiana: Cristo è la nostra pace!”.
Il Camerun, Paese di lingua francese, da sei anni è dilaniato da una guerra civile con le due regioni separatiste anglofone del Nord-ovest e del Sud-ovest. Chi alimenta questo conflitto?
Il Camerun è sempre stato un Paese di pace, purtroppo però negli ultimi sei anni viviamo una situazione di guerra. Il paese è bilingue in quanto ci sono due regioni: una francese (che è la maggiorana, circa l’80% del Paese) e una inglese (il restante 20%). Il conflitto che stiamo vivendo di fatto è tra alcuni gruppi armati (che provengono dalla regione anglofona) e l’esercito governativo. Così praticamente oggi sembra davvero che in Camerun ci siano due Paesi in uno stesso Stato: uno è in pace e l’altro è in guerra.
Quanta sofferenza ha provocato alla popolazione del Camerun?
C’è molta tensione, spari frequenti, tante persone sono morte, molteplici scuole sono state chiuse (soprattutto quelle nelle periferie o nelle aree più difficilmente raggiungibili). Tutto questo ha creato instabilità e molte persone hanno perso le loro terre, le loro case, le loro proprietà. Inoltre, come tutte le guerre, si è ingenerato un ulteriore dramma: quello degli sfollati interni. Chi ha potuto è scappato, ha lasciato tutto ed è scappato diventando un rifugiato interno al suo stesso Paese. Davvero terribile.
Anche la Chiesa è oggetto di persecuzioni e di attacchi?
Anche la Chiesa ha patito molte sofferenze. Soprattutto sono stati uccisi sacerdoti e seminaristi, molti sono stati rapiti e hanno subìto violenze. Alcune chiese sono state distrutte insieme ad istituti di sanità. Questi sono veri “drammi nel dramma”.
C’è chi denuncia il fatto che il conflitto si sia ormai trasformato in una questione di soldi. Si susseguono, infatti, decine di rapimenti di persone, liberate solo dietro pagamento di un riscatto, e vengono segnalati casi in cui i soldati governativi arrestano persone per poi rilasciarle dietro pagamento di tangenti. È così?
Sì, molte persone sono state rapite e liberate solo a fronte di un riscatto. Le famiglie si sono anche indebitate per salvare la vita ad alcuni loro familiari rapiti. Quindi a un certo punto è diventato un grande e insanguinato business. Faccio solo l’esempio di uno dei più recenti casi di cui sono a conoscenza: nella diocesi di Mamfe, a sud-ovest della zona anglofona, alcuni cristiani (preti, laici e una religiosa) sono stati rapiti ed è stato richiesto appunto un riscatto.
I separatisti hanno costretto molte scuole a chiudere e ancora oggi non ne permettono la riapertura. A pagare un prezzo altissimo sono soprattutto i bambini e i giovani?
Sì, nella regione inglese le scuole sono state chiuse. Gli insegnanti e i genitori, per il semplice fatto che hanno difeso l’importanza dell’istruzione, sono stati minacciati. Così molti sono scappati, si sono trasferiti. Chiudere le scuole ruba ai bambini il loro futuro. Un altro dramma nel dramma. I bambini sono vittime innocenti, perché stanno perdendo davvero le basi della loro istruzione e quindi il loro futuro è seriamente compromesso.
I frati cappuccini hanno avviato il progetto “Educazione con studio a casa” nella parrocchia di Shisong, devastata dai saccheggi. A che punto è questo progetto?
Questa assurdità che strappa ai bambini il loro futuro ci ha subito molto colpiti, e così noi frati cappuccini ci siamo adoperati per fare qualcosa. Insieme con la Chiesa abbiamo provato in qualche modo ad aiutarli. Ad esempio, quando nella diocesi di Kumbo la situazione aveva raggiunto il suo culmine, i frati radunavano i bambini nei locali della parrocchia a loro affidata, la parrocchia di Shisong, e facevano lezione ai bambini. Anche in altre comunità come frati cerchiamo sempre di aiutare le famiglie a mantenere l’educazione dei bambini.
Chi sono coloro a cui prestate questo sostegno allo studio?
Si cerca di aiutare i bambini più poveri, quelli che non possono scappare, che non possono andare in un’altra regione del Paese, perché i genitori non hanno i soldi per permetterselo. Loro, i più poveri tra i poveri che non hanno soldi o persona alcuna che può accoglierli in altre regioni del Paese, non possono muoversi e così noi frati, insieme alla Chiesa, facciamo del nostro meglio per aiutare proprio queste famiglie più svantaggiate che sono imprigionate in tale limbo di dolore.
Che cosa sta facendo la Chiesa del Camerun per aiutare a uscire da questa guerra civile?
La Chiesa sta facendo molto, anche se sta soffrendo molto. I vescovi sono vicini alle sofferenze delle persone e si esprimono con chiarezza promuovendo la pace, la non violenza e la giustizia. Inoltre, la Chiesa, sia materialmente che spiritualmente, cerca di aiutare coloro che versano nelle situazioni più drammatiche. Tutti i pastori esortano e sostengono i fedeli a perseverare nella preghiera per chiedere la pace.
Il Papa più volte è intervenuto chiedendo la pace per il Camerun. Quanto sentite Francesco vicino al vostro dramma?
Il Santo Padre, come minimo, ha pregato due volte per il Camerun e per la pace. Questo ha toccato molti cuori qui. Il suo dolore per questi problemi che affliggono il nostro Paese è un grande incoraggiamento per tutti. Speriamo che queste sue parole tocchino anche il cuore di coloro che vedono come unica reazione alla situazione che stiamo vivendo quella di rispondere con altra violenza. L’unico modo per spezzare la violenza è rompere il circolo e promuovere la pace, la riconciliazione… Il tutto dentro una giustizia. Le due cose non vanno mai separate, questo ce lo ricordano sia il Papa che la Dottrina sociale della Chiesa. Specialmente in quest’ultimo periodo, nel Nord-ovest e nel Sud-ovest della regione anglofona, il pericolo maggiore è cedere alla tentazione di scivolare in un vortice di violenza. Speriamo che la pace di Cristo converta queste intenzioni.
Che messaggio porta questo Natale ai cristiani e alla popolazione tutta del Camerun?
Il Santo Natale è sempre una celebrazione di pace, come dice san Paolo nella Lettera agli Efesini: Cristo è la nostra pace! Il Natale è un momento di gioia per noi. Il Messia, il Salvatore è nato! Come frati Cappuccini, in ogni luogo dove ci troviamo, abbiamo una cura particolare per i più piccoli. Cerchiamo sempre di mostrare loro la bellezza della gioia del Santo Natale, la bellezza della fede cristiana anche in un momento di violenze e guerra come quello che stiamo affrontando. E vorrei approfittarne per ringraziare gli sforzi di tutti i benefattori, specialmente i cari frati Cappuccini di Lombardia, che ci stanno aiutando enormemente in questo drammatico momento. Voglio ringraziare inoltre il parroco e i fedeli della parrocchia cappuccina di Brescia, che attraverso il “Progetto Graziella” continuano da più di un anno ad aiutare noi frati qui in Camerun così che con diverse attività possiamo portare ai bambini coinvolti in questa assurda guerra il messaggio di amore e di pace del Santo Natale.
(Marco Biscella)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.