Caro direttore,
anche in Birmania è Natale. Qua però ha un sapore totalmente diverso: certo anche qui ci sono gli addobbi, le luminarie e i Babbi Natale. Ma trattasi di una festa meramente commerciale. C’è uno iato tra il gesto e le ragioni che per noi sono evidenti, non per altri. Inoltre, in questi ultimi due anni, questa distonia si è amplificata: perché festeggiare in tempo di guerra se non c’è la nascita del Bambino Gesù? Ovvero: un Dio sconosciuto, ignoto si fa uomo ed è presente qui ed ora. Se non per questo, in tempo di guerra perché festeggiare? Immaginiamoci i nostri padri o nonni: perché festeggiavano il Natale durante la Grande Guerra o nel 1940-45? Dove stava la speranza? Nei regali?



La situazione, lato guerra civile, è sempre più drammatica. Anche in base al rapporto dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (soggetto non uso a dare cifre non verificate), il dramma si è ulteriormente aggravato. Solo nell’ultimo mese gli sfollati interni che fuggono da zone di guerra sono raddoppiati rispetto al periodo precedente. Questo mese sono 660mila. Il dato è impressionante, specie se si pensa che questi si assommano ai più di 2,5 milioni di persone che già avevano dovuto lasciare le loro case. Questo conferma quanto scrissi nell’ultimo mio resoconto: il livello e l’importanza degli scontri è cresciuto enormemente, sia per violenza che per diffusione. Ormai il numero di stati o regioni interessate dagli scontri è lunghissimo. Cito qua solo i più rilevanti: Shan, Chin, Kayah, Karen, Kachin, Mon, Rakhine, Sagaing, Mandalay, Magwe.



In molti di questi stati, le milizie etniche – oltre a controllare le campagne – hanno ripreso il controllo di alcune città. In particolare, nello Stato Shan con l’operazione “1027” (così denominata perché è iniziata il 27 ottobre) le forze delle milizie hanno ripreso il controllo della cittadina di Muse dove c’è il più importante valico con la Cina. Da lì passa il 75% dell’import-export con quel Paese. Non mi è dato sapere come si evolveranno le cose ma certo questo costituisce un grave problema per il Grande Vicino: ha senso sostenere un governo che non ha il controllo del territorio? Questo faciliterà accordi?



Ai confini opposti, nello stato Chin con l’operazione 1111 (iniziata l’11 novembre) le milizie hanno ripreso l’importante snodo di Khampat da dove partono le strade per l’India. L’esercito, in entrambi i casi, pur disponendo di aviazione ed armi pesanti, è stato costretto ad arrendersi.

Questi dati indicano un salto di livello dello scontro e la crescita degli sfollati purtroppo ne è la tragica conferma. Non posso negare che io ero molto perplesso sulle reali intenzioni delle milizie. Avevo scritto che molto spesso il tutto mi sembrava un gioco delle parti, e prendendo a prestito un detto italiano dicevo che assomigliavano ai “ladri di Pisa” che di giorno litigano e alla notte vanno a rubare insieme. Sarei felice di essere smentito. Vedremo.

La chiesa birmana ancora una volta dovrà però festeggiare il Natale con il dolore nel cuore. Sicuramente sta dando prova di una grande fede. Io (ultimo fra i cristiani) dico agli amici che siamo come i primi cristiani ai tempi delle persecuzioni degli imperatori romani o, più recentemente, come i cristiani che hanno subito la violenza dei regimi comunisti. Tutto ciò ci costringe ad andare a fondo delle ragioni della nostra fede. Avrei preferito non dover fare questo cammino in modo così doloroso. Mi auguro che voi possiate farlo in modo più comodo e non sprechiate l’occasione. Buon Natale.

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