Caro direttore,
mi permetto chiedere ospitalità affinché il mondo (o almeno i tuoi lettori) sappiano della nostra situazione.
Perfino in un Paese buddista come il Myanmar, il Natale – intendo quello fatto di regali, luci e luminarie – paradossalmente si fa anche quest’anno.
Innanzi tutto, io e gli amici che condividono questa mail, comprendiamo che per l’opinione pubblica occidentale i conflitti tra Russia e Ucraina e in Medio oriente (Israele-palestinesi e Siria) sono per voi prevalenti perché geograficamente vicini. Purtroppo è già accaduto con l’Afghanistan e altri conflitti. Noi siamo l’esempio di come un conflitto “apparentemente” locale non attiri l’attenzione dei media occidentali. Peccato che, come più volte ricordato, la nostra situazione non sia affatto quella di un conflitto locale. Se la Cina conquista o instaura – nei fatti – un protettorato sul Myanmar, ottiene l’accesso all’Oceano Indiano bypassando lo stretto di Malacca e risolvendo tutti i suoi problemi legati al traffico navale che passa per quella rotta. E noi diventiamo un Tibet 2.0. Sarebbe la più grave miopia geopolitica dai tempi moderni. I leaders occidentali continuano a non vedere ciò che a noi è evidente.
Eppure le forze delle milizie etniche, organizzate sotto varie sigle, sono molto attive e con un appropriato supporto potrebbero modificare l’attuale situazione di stallo. Perché non sostenerle adeguatamente? Sono filo-occidentali! Molti territori sono stati liberati: cito solo la città di Mindat, a me cara per gli amici che lì vivono, che oggi è nelle mani della resistenza. I cattivi (qui li chiamiamo “i cani”) rispondono sempre e solo con bombardamenti aerei e con armi pesanti sulle città. Non spingono più su azioni terrestri. Il paradosso è che, mentre prima la gente sfollava dalle campagne alle città, ora c’è la processione inversa. Proprio per sfuggire ai bombardamenti si torna in campagna. Fratelli che uccidono fratelli. Immaginate cosa vuol dire per tanta povera gente. È un dramma nel dramma. Cosa mangiano? Dove dormono? Come si curano? Come studiano?
In questo quadro è evidente che i crimini di guerra sono drammaticamente all’ordine del giorno: quando si incomincia con la violenza poi è difficile porre dei limiti. Una volta rotti gli argini…
Detto del profilo militare con i suoi aspetti “collaterali”, mi permetto di parlare della vita. Anche qui ci sono aspetti “collaterali” drammatici.
Partiamo dall’agricoltura: prezzi dei concimi e benzina alle stelle, perché con i giovani arruolati nell’esercito o nella resistenza lavorano solo i vecchi; difficoltà nei trasporti, ecc. Esito primo: i raccolti di riso sono scarsi, i prezzi salgono, la gente ha fame e in un Paese che faceva tre raccolti di riso all’anno è una bestemmia.
Esito secondo: fioriscono le attività più illecite. Da un recente rapporto dell’ONU, risulta che la Birmania è tornata ad essere il più grande coltivatore e quindi commerciante di oppio. A chi vanno i profitti? sicuramente non ai contadini.
Esito terzo: assistenza sanitaria allo sbando. Già era scarsa, in questo quadro, è evidente che si salva solo chi ha qualche dollaro da parte. Il punto è che questo non riguarda solo le gravi malattie; come mi è capitato di vedere, anche un banale incidente in moto o un’appendicite possono diventare drammatici. Negli ospedali non c’è più niente. Ti offrono il medico, tutto il resto lo devi pagare o portare (dalle lenzuola per il letto, al cibo, alle medicine). Se non hai dollari puoi morire.
Le scuole sono chiuse o semi chiuse. Un’altra generazione crescerà senza cultura.
La Chiesa cattolica, essendo una minoranza, con modalità non comprese da tutti – cattolici inclusi – si era posta come mediatrice con il nuovo regime, ma davanti alla violenza dei cattivi ha potuto proseguire solo nella sua opera di sostegno alle popolazioni che, per quanto possibile e quanto da me visto, non è mai venuta meno.
In questo quadro ci sono due grandi assenti: l’Occidente e il mondo buddista. Entrambi potrebbero sostenere il popolo birmano che non ha mai sostenuto questa svolta autoritaria. L’uno e l’altro si interroghino.
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