Un Paese e un popolo dimenticati nella morsa della fame e nel freddo, vittime di giochi geopolitici più grandi di loro. È la situazione della Siria, che dopo dodici anni di guerra sanguinaria, come ci ha detto in questa intervista padre Firas Lutfi, parroco della comunità cristiana latina di Damasco e ministro francescano della Regione San Paolo, vive una situazione ancora peggiore: “Manca tutto l’indispensabile, dal pane per sfamarsi al gas per riscaldarsi. Io e tutti gli altri parroci della Siria non sappiamo più come fare davanti alla gente che ci chiede qualcosa da mangiare. Con lo scoppio della guerra in Ucraina i rubinetti degli aiuti internazionali che ci avevano sostenuti durante la guerra sono stati chiusi”.
La Siria paga il prezzo di essere un paese alleato con la Russia, che, non dimentichiamolo, è la nazione che ha fatto di più per sconfiggere lo Stato islamico. “Ma a pagare non sono i politici o i governanti, è il popolo” ci ha detto ancora padre Lutfi. Nonostante questo quadro, il Natale si rinnova ancora: “Viviamo le stesse condizioni di povertà e di morte che visse la famiglia di Nazareth, come dice san Giovanni: ‘Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto’. Ma c’è la certezza che tutta questa sofferenza affidata al Padre celeste serve per redimere l’intero genere umano”.
Le poche notizie che ormai ci arrivano dalla Siria dicono che si sono verificati diversi incidenti, folle esasperate per le condizioni di povertà estrema hanno assalito e incendiato uffici governativi. Le risulta?
Sì, è così. Viviamo momenti molto difficili a causa delle sanzioni che colpiscono più che mai la vita dei cittadini. La gente sta arrivando alla disperazione. A Sweida, città abitata in maggioranza da musulmani sciiti drusi, nel sud-ovest del Paese, quasi al confine con la Giordania, la gente è scesa per strada a manifestare contro lo stato di povertà in cui si trova. Purtroppo questa esplosione di rabbia li ha portati a incendiare e saccheggiare alcuni uffici governativi.
E altrove come è la situazione?
Quello che vive questa gente lo vivono tutti i siriani, nelle città e nei villaggi. La mancanza delle cose più semplici, il pane per sfamarsi, il gas per riscaldarsi, l’alto costo della vita rispetto agli stipendi, scatenano questo atteggiamento di insofferenza, però non è questo il modo giusto di reagire, distruggendo le istituzioni che servono alla vita dei cittadini.
Questo è un quadro della situazione che ormai dura da troppo tempo, non crede?
L’esasperazione è un sentimento che noi parroci tocchiamo con mano tutti i giorni. È Natale, ma la gente non ha da mangiare, non riesce a farsi curare negli ospedali, le file in attesa anche per l’intervento più semplice sono infinite. Cosa può fare un padre di famiglia? Con lo scoppio della guerra in Ucraina quegli aiuti che nei dodici anni di guerra ci arrivavano adesso si sono interrotti. Rischiamo di soffrire da soli senza l’appoggio della comunità internazionale.
C’è una disparità di trattamento su come la comunità internazionale si comporta con l’Ucraina e la Siria?
È così. Capiamo che l’Ucraina è in Europa e anche culturalmente è più vicina a voi, ma siccome il nemico dell’Ucraina è la Russia e la Russia è alleata della Siria, questi interessi politici giocano un ruolo negativo nella nostra situazione.
Si punisce la Siria per punire la Russia? Siete vittime per interposta persona?
Esatto. Il popolo siriano ha già sofferto tantissimo durante la guerra e adesso sta soffrendo molto di più a causa delle sanzioni e dell’isolamento imposto alla Siria. Io sono tornato a vivere a Damasco, non ho internet, sono senza riscaldamento, c’è gente affamata che viene da me tutti i giorni e non so più cosa fare. È come dice la Bibbia: “Anche il profeta vaga per il paese e non sa cosa fare”.
Tutto questo è terribile.
Sì, è veramente terribile, è insopportabile.
In più la Turchia ha cominciato a bombardare e attaccare i curdi che vivono nel nord della Siria.
La Siria è diventata uno spartiacque degli interessi di tutti. Israele e Turchia ci bombardano quando vogliono. Gli americani sono assenti, non sappiamo che politica seguano, se ne hanno ancora una nei nostri confronti. Tutti sono concentrati sul conflitto in Ucraina e qui la gente muore di fame e di freddo nel completo disinteresse dell’Occidente.
In una situazione del genere, come si può vivere il Natale?
Penso che oggi il Natale dei siriani, ma anche dei cristiani e non cristiani di tutto il mondo, sia simile a quello di duemila anni fa, a quello che Gesù ha sperimentato quando assunse la natura umana. Come noi, anche lui ha dovuto subire i dominatori del suo tempo, la fame e il freddo. Come dice san Giovanni nel suo vangelo: “Venne tra i suoi e non l’hanno accolto”. Ci sentiamo come quel povero Gesù Bambino e la sua famiglia quando Erode voleva ucciderlo. Ma come lui ci abbandoniamo nelle mani del Padre celeste, che si serve anche della povertà per redimere il genere umano.
(Paolo Vites)
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