MINNEAPOLIS – Poca neve, e neanche tanto freddo. Neppure in Minnesota, dove di solito l’inverno è siberiano o giù di lì. I metereologi dicono che El Nino ci regalerà una stagione particolarmente mite e poco nevosa. Peccato. “I’m dreaming of a white Christmas…”. Chi non vorrebbe un bianco Natale? Beh, qua è pur sempre freschino e qualche spolverata di bianco la vediamo, ma veramente poca cosa, tanto che il Mississippi, che scorre a due passi da qui, fatica a gelarsi, come saprebbe fare trasformandosi in un’autostrada bianca.
Curioso: quel gelo non rattrappisce il cuore, anzi lo scalda, lo risveglia ricordandogli quell’infinito bisogno di calore che lo fa palpitare. Più è freddo fuori, più il cuore si anima e si gonfia di desiderio. E tutti aspettano la neve per farsi abbracciare dalla nostalgia, per tuffarcisi dentro, per farsi cullare da un alito di tenerezza. Un desiderio confuso, ma presente.
E quando, come l’altra sera, ci si ritrova in una casa a cantare i Carols, i canti di Natale, con figli, nipoti, amici, conoscenti e sconosciuti, quel confuso sentimento che abita in ognuno, almeno per un istante diventa uno sguardo diverso su tutto e su tutti. Uno sguardo che prende dentro chi sta cantando al tuo fianco, chi porti nel cuore, chi sta lottando con la malattia, chi non ci arriva con i soldi, chi si trova in mezzo ad una guerra, chi ci ha già lasciati. Uno sguardo che prende dentro te stesso con tutte le tue magagne nel corpo e nello spirito. Ma siccome è molto facile perdere il filo dei propri pensieri, ad un certo punto, nel bel mezzo di un canto, mi è venuta in mente Taylor Swift. Sarà stato perché avevo appena ricevuto l’ultimo numero del settimanale Time con lei in primo piano sulla copertina, trionfalmente ed enfaticamente nominata “person of the year”, personaggio dell’anno con il suo Eras Tour che muove centinaia di milioni di dollari; sarà stato perché ogni santo giorno quando faccio il nonno-autista nel tragitto da scuola a casa le nipoti mi costringono ad ascoltarla senza tregua. Insomma, ho pensato: e se Taylor Swift fosse qui adesso, con noi stasera in questa casa? Cosa farebbe? Mi toglierebbe la chitarra di mano per fare una delle sue cose o si unirebbe a noi cantando con un filo di voce Silent Night?
E se ci fosse Trump? Alzerebbe subito la voce interrompendoci con fare prepotente come è capace lui, sulle note di El Camino de Belen, per apostrofarci e richiamarci all’ordine con la sua retorica anti-immigrati? o si fermerebbe ad ascoltare la dolcezza ed il pulsare lieve di quella melodia?
E se anche “Old Joe” Biden riuscisse a trovare la nostra porta e si presentasse con il suo passo incerto e stentato, si impappinerebbe nel tentativo di dirci qualcosa con un senso, qualcosa con un capo ed una coda, o senza preoccuparsi di apparire quel che non è si lascerebbe prendere e portare dalle struggenti note di O Holy Night? E se ci fossero anche Nikki Haley e Ron DeSantis, se ci fossero i vicini di casa, i colleghi di lavoro, gli homeless sempre più numerosi delle nostre città…
Bisognerebbe invitarli. Basterebbe invitarli: “Come and see!”, venite a vedere! “Come and sing!”, e venite a cantare! Chissà chi verrebbe. Chi era a cantare in quella casa l’altra sera sa che quel canto è per tutti, quel canto porta con sé l’infinito abbraccio di chi solo può abbracciare tutto e tutti. Così che la commozione di un momento può diventare uno sguardo diverso su tutto e su tutti, può diventare promessa di cammino per tutta la vita. E tutti, che lo sappiano o no, aspettano un invito come quello che l’altra sera ci ha portati in una casa a cantare quei Carols che diventano come la stella sul cielo d’America. Basta seguire la stella. Lei sa dove portarci. E cantando i Carols il cammino è ancora più bello.
Merry Christmas
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