“Il sostegno all’occupazione deriva da un flusso di immigrati regolari superiore a quello ipotizzato dall’Istat”. Con questa considerazione il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ripropone nuovamente il tema delle migrazioni, dell’inverno demografico e della produttività, tutti temi intrinsecamente legati, a cui si aggiunge l’emigrazione di giovani dal Belpaese. Tutto questo evidenzia una serie di problematiche relative alla mancanza di forza lavoro: se da un lato, infatti, la scarsità di lavoratori nuoce alla produttività, e quindi alla concorrenza delle imprese italiane con quelle straniere, allo stesso tempo l’emigrazione “favorisce” i Paesi di destinazione dei giovani cervelli: di fatto la loro fuga non è solo un mancato sviluppo del Paese, ma un’opportunità per un Paese “rivale”.



I cervelli fuggiti divengono, da risorsa, concorrenza. Questo porta non solo a un impoverimento in termini industriali ma anche di sistema Paese, in quanto viene a mancare un necessario ricambio generazionale (già impoverito gravemente dall’inverno demografico italiano). A livello sociale tale fenomeno può portare all’abbandono di anziani e/o allo schiacciamento delle generazioni rimanenti, che generalmente sono compresse tra lavoro, accudimento di genitori anziani e l’educazione di figli adolescenti, fenomeno a sua volta risultante dall’aumento dell’età media al primo figlio.



Oltre a questo, va specificato che la classe lavorativa, sempre più in diminuzione a causa dell’uscita graduale dal mercato del lavoro dei baby-boomer, si trova con una sempre maggior parte della popolazione da sostenere tramite il lavoro: questa classe sempre più esile numericamente si trova ulteriormente svantaggiata proprio a motivo della fuga di cervelli. In un futuro per nulla lontano questo problema, unito al già citato calo demografico, sarà sempre più urgente.

Per quanto riguarda la questione migratoria, ciò che evidenzia il Governatore Panetta ha senso nel momento in cui l’offerta lavorativa eccede la domanda, cioè ci sono più posti di lavoro rispetto alla platea di lavoratori, o comunque nel momento in cui l’offerta è in grado di rispondere alla domanda.



Allo stesso tempo la soluzione migratoria rimane, come più volte evidenziato, una soluzione di breve termine: se è vero, infatti, che nell’immediato i migranti regolari arginerebberoil problema demografico e lavorativo, con l’andare del tempo anche quest’ultimi troveranno le stesse difficoltà degli italiani in termini di servizi, costi dei figli, ecc. Allo stesso modo l’evoluzione tecnologica degli ultimi anni porta a un ripensamento costante del mercato lavorativo, con l’evoluzione o la nascita di nuovi lavori o con altre modalità di lavoro rispetto alle attuali: per fare un esempio, chi avrebbe pensato alcuni anni fa allo smart working, che al contrario oggi sembra quasi scontato per molte aziende?

Per passare dalle parole ai fatti serve allora una politica industriale lungimirante, unita a un’altrettanto efficiente politica migratoria, che dovrà essere forzatamente europea e non esclusivamente nazionale, data la vastità del fenomeno, e politiche familiari nazionali in grado di supportare il desiderio delle famiglie a fare figli. Non sarà possibile, infatti, risollevare il Paese, in termini economici, produttivi e sociali, senza passare da politiche per la famiglia e dalle nuove generazioni.

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