Per la seconda volta di fila la trasmissione Far West tornerà – proprio questa sera, sempre con Salvo Sottile – ad occuparsi del caso di Natasha Pugliese, la 23enne morta il mese scorso dopo un intervento chirurgico d’urgenza al Policlinico Riuniti di Foggia: un decesso che ha scatenato la violentissima ira (ci arriveremo) dei familiari della ragazza, ma che ha anche riaperto a numerosi dubbi sullo stato della sanità – o malasanità – foggiana; in particolare per quanto riguarda la comunicazione tra operatori sanitari e familiari dei pazienti.



Partendo dal principio, è importante ricordare che Natasha Pugliese entrò al Policlinico foggiano dopo l’investimento da parte di una macchina mentre si trovava a bordo della sua bici elettrica: trasportata inizialmente a Cerignola (dove viveva), per via della gravità del suo caso ne è stato disposto il trasferimento al vicino nosocomio di Foggia dove è stata ricoverata ed immediatamente sottoposta alle cure del caso; ma dopo un paio di settimane di ricovero il quadro si sarebbe ulteriormente aggravato portando medici e chirurghi a decidere di sottoporla ad un delicato intervento dal quale non ne sarebbe più uscita viva.



Natasha Pugliese: dall’aggressione ai medici da parte dei familiari, al fascicolo contro i camici bianchi

Appresa la terribile notizia della morte di Natasha Pugliese, i familiari della 23enne avevano dato immediatamente in escandescenza chiamando a raccolta circa una 50ina di persone tra amici e parenti che si sono scagliati con inaudita violenza contro medici, infermieri e camici bianchi di ogni tipo: riportata la calma, il conteggio delle vittime ci parlava di almeno tre feriti gravi che nel frattempo si sarebbero rimessi; mentre le autorità hanno aperto un fascicolo contro 5 tra gli aggressori, tutti parenti della 23enne deceduta.



Tra la morte è l’aggressione – dal conto suo – da protocollo il nosocomio foggiano aveva aperto un’indagine interna per comprendere cosa ci fosse dietro alla morte della 23enne: l’autopsia è stata svolta lo scorso 18 di settembre e ha già portato (anche qui, da protocollo e come semplice atto dovuto) all’iscrizione nel registro degli indagati di 20 operatori sanitari, raccolti attorno alla – presunta – accusa di omicidio colposo in reazione ad una presunta scorretta gestione della paziente e dei suoi sintomi culminata con l’intervento e il decesso.

Natasha Pugliese, la parole del direttore sanitario Pasqualone e Far West: “Forse il problema è stata la comunicazione”

Proprio in questo contesto si inserisce la prima puntata di Far West che – occupandosi proprio del caso di Natasha Pugliese – ha dato voce alla sorella della 23enne per raccontare dal suo punto di vista l’accaduto, interpellando anche direttamente i vertici sanitari del Policlinico al centro di questo singolare caso: neanche a dirlo l’immagine che ne è emerga è quella di una ragazza che poco prima di entrare in sala chirurgica non presentava nessun particolare sintomo (tanto che sorella ricorda la saturazione a 90 e diversi messaggi che si sono scambiate in quelle ore), avvalorando l’ipotesi della malasanità.

Un quadretto confermato – sempre a Far West – anche dal direttore sanitario del Policlinico Giuseppe Pasqualone che ha sostenuto la versione dell’emergenza “che i nostri sanitari hanno trattato in sala operatoria” collegata ad “un peggioramento della situazione clinica e complicanze respiratorie”; lasciandosi – tuttavia – sfuggire che dietro alla morte di Natasha Pugliese potrebbe esserci stata anche una scorretta “comunicazione con la famiglia” data l’abitudine dei medici – specie, sottolinea, “nel meridione” – a “non dire” apertamente le cose preferendo “le mezze parole”.