Natasha Stefanenko: “Mio marito? Un gesto romantico e…”

Natasha Stefanenko, ospite di “Nei tuoi panni”, ha raccontato come il marito Luca Sabbioni l’ha conquistata, ormai quasi trent’anni fa. L’uomo guidò fino a Palermo per andare da lei e chiederle di sposarlo, facendo 1400 km senza aria condizionata in auto. Una storia che i due avevano raccontato qualche tempo fa e che l’attrice ha ripercorso nel programma, rivedendo un video nel quale parlava appunto del gesto romantico del marito. L’ex modella russa ha raccontato: “Non mi aspettavo assolutamente questo gesto. Ma poi avete visto quanto è bello?”.



Alla Stefanenko è arrivata anche una sorpresa: un videomessaggio del marito nel quale parla proprio di quel gesto romantico che li ha portati alla decisione di sposarsi. Luca Sabbioni, nel video, parla così a Natasha: “Amore, sai che sono passati quasi trent’anni da quel giorno in cui guidai fino a Palermo per venire a chiederti di sposarmi senza aria condizionata? Nonostante i tuoi piccoli o gradi difetti, come quello di rubarmi tutti i calzini, oggi rifarei lo stesso viaggio e ti chiederei ancora di accompagnarmi in questa magnifica avventura“.



Natasha Stefanenko e il rapporto con la figlia Sasha

A “Nei tuoi panni”, Natasha Stefanenko ha parlato anche di come è in famiglia: “Io non sono diva in casa. Mi piace la normalità, la quotidianità. Adoro le piccole cose. Cucinare non è il mio forte, mi piace assaggiare quello che cucina mio marito. Luca cucina pure”.

Riguardo il rapporto con la figlia Sasha, con la quale ha partecipato a Pechino Express, l’attrice ha rivelato: “Mia madre è stata un gendarme con me. Precisa, severa ed esigente. Io sono stata meno. Con Luca eravamo una squadra, ora siamo in tre perché la mia bambina ha 22 anni dunque è una giovane donna. Quando era piccole o adolescente, io ero abbastanza morbida con il dialogo, tra donne si parlava un po’ di più. Luca era più intransigente e chiuso. Avete presente il buono e cattivo poliziotto? A volte ci mettevamo proprio d’accordo. Quando Sasha ci guardava e ci chiedeva qualcosa, facevamo un siparietto che però funzionava”.