Natasha Stefanenko è stata ospitata nella trasmissione Da noi a ruota libera, dove a Francesca Fialdini ha deciso di raccontare la sua particolare storia. È, infatti, nata nel pieno dell’Unione Sovietica e, recentemente, ha messo nero su bianco in un libro tutto quello che ricorda di quei particolari, e complessi, anni. “È da un bel po’che volevo scrivere un libro”, racconta, “scrivevo racconti della mia vita, aiutata da mio marito, ed ora mi emoziona guardare le copertina perché secondo me è molto importante far conoscere il mio paese”.
“Io sono nata nel pieno regime sovietico”, spiega Natasha Stefanenko, “in una città segreta, perché per motivi militari, quasi per mezzo secolo, questa città non aveva una posizione geografica e un nome. Era circondata dalle mura, dal filo spinato ed era pattugliata dai militari. Gli stranieri non potevano entrare ed anche per i sovietici era quasi impossibile ottenere i permessi, mentre noi potevamo entrare e uscire perché avevamo i pass”. Ma Natasha Stefanenko racconta anche di non avere avuto una brutta infanzia, “per me era una città meravigliosa, in mezzo ai boschi, vicino ad un lago. Mi sentivo libera e sicura ed era la mia realtà, mi sembrava che tutto il mondo andasse così. Nel libro racconto gli anni ’90, che erano complessi ma anche pieni di speranza”.
I ricordi di famiglia di Natasha Stefanenko
Continuando a raccontarsi, Natasha Stefanenko ha voluto dedicare anche un accorato ricordo a sua nonna. “Era profondamente religiosa e mi insegnò lei la religione perché a scuola mi dicevano sempre che Dio eravamo noi e che non c’era. Aveva questa icona nascosta sotto al cuscino, illegale ovviamente, e mi diceva sempre che Dio era in ognuno di noi. Grazie a lei che ha messo il seme, a 40 anni mi sono battezzata”.
Passando, invece, a ricordare suo padre, Natasha Stefanenko racconta che “è di una positività incredibile, nonostante il suo lavoro molto serio e rischioso. È un ingegnere nucleare e lavorava sempre con l’uranio perché nella mia città segreta producevano urani arricchito e costruivano le bombe, ma nonostante questo lui riusciva a sdrammatizzare qualsiasi situazione difficile con un’ironia pazzesca. Quando avevo 4 anni era invitato a fare un’intervista”, racconta Natasha Stefanenko ricordando un aneddoto, “io e mamma eravamo talmente in ansia che ci vestimmo bene, per guardarlo in televisione, mi sedetti e lo vidi, che mi guardava, gli feci ciao con la mano. Quando tornò gli chiesi se mi aveva visto e lui mi disse di si, che ero sul divano, ma che non poteva rispondermi. Per anni ho pensato che tutte le persone in tv potessero vedermi, e quando ero in pigiama o in mutande mi scusavo sempre passando velocemente”.