Prosegue la produzione su vasta scala di bombe nucleari da parte degli Stati Uniti, già spedite nelle basi europee e installate in Italia, come in Olanda, Germania e Gran Bretagna. Una notizia trapelata da settimane, ma di cui si parla poco nel nostro Paese. A fine giugno, ad esempio, è stato consegnato ufficialmente a Ghedi, in provincia di Brescia, il primo F-35A nucleare, destinato a sostituire i bombardieri Tornado del 6° Stormo dell’Aeronautica che sono schierati nella base lombarda. Come evidenziato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, è già operativo provvisoriamente nell’aeroporto militare di Amendola, alle porte di Foggia. Il nuovo cacciabombardiere è solo il primo tassello di uno storico potenziamento delle capacità operative della Nato nel territorio italiano.



Per i comandi militari della Nato rappresenta un sistema di arma che può contare su una visibilità bassa o pari a zero per i radar avversari. Anche se l’Italia ha da tempo rinunciato all’impiego di bombe atomiche nel suo arsenale, avendo aderito nel 1975 al Trattato di non proliferazione nucleare, in caso di guerra su larga scala alcuni mezzi e personale sarebbero ceduti al comando diretto della Nato, di cui fanno parte nazioni, Usa in primis, che possiedono armi atomiche, in ossequio al protocollo della “condivisione nucleare”.



ALMENO 80 BOMBE ATOMICHE IN ITALIA

Infatti, il nuovo F-35A è stato assegnato come primo esemplare del 154° Gruppo dei “Diavoli Rossi” del 6° Stormo di Brescia che, come evidenziato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, è il reparto dell’Aeronautica militare destinato al lancio nucleare, oltre al bombardamento con ordigni convenzionali. Proprio nella base bresciana sono in custodia 40 bombe atomiche B-61, progettate e prodotte nei laboratori di Los Alamos, nel Nuovo Messico, e poi mandate in Italia. Sono però gestite in una specie di “enclave” Usa all’interno dell’aeroporto militare italiano dal personale del 704th Munitions Support Squadron dell’aviazione militare Usa che fa capo al 52° Gruppo, sempre dell’usar, di base a Spangdhalem, in Germania. Altre 40 bombe B-61 sono segnalate nella base di Aviano (Pordenone) e risultano affidate al 31st Munitions Squadron, anch’esso dipendente dal 52° Gruppo della base tedesca. Si tratta di bombe che hanno una potenza stimata fino a 340 chilotoni, quindi sono oltre venti volte più potenti della bomba che devastò Hiroshima nel 1945. Gli F-35 destinati a Brescia, a partire dal primo che è stato parcheggiato a Foggia, sostituiranno i Tornado, ma non caricheranno in Italia le bombe B-61 tradizionali, ma la nuova versione B61-12, che possono essere caricate dentro la carlinga dagli “stealth” senza compromettere l’invisibilità. Queste sono in fase di sviluppo in Usa e sono già state testate.



PRIMO JET F35-A IN PUGLIA PER ADDESTRAMENTO

Inoltre, le bombe B61-12 che arriveranno in Italia hanno una testata nucleare con quattro opzioni di potenza che si possono selezionare al momento del lancio, a seconda dell’obiettivo da colpire. Possono penetrare nel sottosuolo, esplodendo in profondità per distruggere i bunker dei centri di comando, oltre che altre strutture sotterranee. La bomba quando viene sganciata non cade verticalmente, ma plana fino a quando nella sezione di coda non si accendono dei razzi che le imprimono un moto rotatorio. Hans Kristensen, della Federation of American Scientists, come riportato da Antimafiaduemila, sostiene che tra il 2022 e il 2023 gli Stati Uniti sostituiranno le quaranta bombe atomiche B61-3 e B61-4 con questi nuovi ordigni dalla capacità offensiva notevolmente più significativa. Il primo F-35A è stato mandato in Puglia per l’addestramento degli equipaggio e per raggiungere piene capacità operative in vista poi della ricollocazione definitiva a Ghedi. Non c’è allora da stupirsi se, come emerso dagli atti dell’inchiesta del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), la delegazione inviata dalla Russia per aiutare l’Italia durante la fase più drammatica dell’emergenza Covid, ufficialmente in missione sanitaria, chiese senza ottenere dai vertici militari italiani il via libera per avvicinarsi alle aree di Ghedi e Amendola. È evidente, dunque, che l’Italia si rende così un obiettivo sensibile in caso di guerra nucleare, detenendo un arsenale dell’Alleanza Atlantica Nato dalle capacità offensive crescenti.