Il presidente Biden – si fa sapere riservatamente – potrebbe partecipare alla riunione svizzera sulla guerra di aggressione russa all’Ucraina dopo la riunione del G7 che si svolgerà in Puglia dal 13 al 15 giugno. Sarebbe una notizia importante che non farebbe che sottolineare la gravità della situazione che si dipana ogni giorno sotto i nostri occhi.
Il ricordo delle pagine straordinarie che lo storico Christopher Clark dedicò ai tempi che precedettero la Prima guerra mondiale ci perseguita: i nuovi “sonnambuli” ballano una danza che potrebbe essere mortale. Ancora una volta Germania e Francia sono le levatrici del tempo che può essere quello di una lenta e inesorabile avanzata verso la catastrofe e ancora una volta la Russia, protesa al dominio dei mari caldi insieme a quello del cuore dell’Heartland, scatena e libera i nazionalismi: questa volta non solo balcanici, ma anche fondamentalisti islamici antisemiti. Macron, per dei problemi interni – il degrado politico in cui ha affondato la Francia e per molti versi l’Ue impedendo alla sua “burocrazia celeste” di fondare un esercito integrato – ha ormai completamente perso la testa: sprofonda nel timore.
Non solo le nazioni citate, ma la stessa burocrazia celeste è la causa profonda della debolezza militare dell’Ue: come si possa infatti creare un esercito europeo senza fare a pezzi le regole dell’austerità e senza reintrodurre un’economia mista tra Stato e mercato è una domanda teorica a cui è impossibile rispondere con le regole del neoliberismo.
Per questo ancora una volta, come cento anni or sono, l’unica forza deterrente non può che essere quella dell’anglosfera, ossia delle due nazioni che dominano il mondo e competono con Cina e Russia: Usa e Regno Unito. La prima comanda nella Nato e così neutralizza tedeschi e minaccia russi e cinesi, la seconda non a caso ha abbandonato l’Ue per avere le mani libere nelle relazioni internazionali e costruire un prolungamento di potenza in alleanza con le monarchie del Golfo e con gli Stati scandinavi e baltici.
La Polonia segue e si candida a nuovo punto archetipale della nuova disposizione di deterrenza anti-russa.
I russi non possono che rispondere a tutto ciò ripristinando la storica teoria russa delle relazioni internazionali rinnovata dopo la caduta di Eltsin da Primakov e di cui Lavrov e il suo maestro Karaganov sono i continuatori fedeli. La chiave di volta di questa teoria altro non è che la Russia deve prevenire lo strangolamento internazionale, che si configura nel mondo russo come predatorio, con l’attacco preventivo. Si tratta di un’estensione della teoria della deterrenza che Macron ha rigettato nel dibattito internazionale con violenza a cui la Germania scioccamente si aggrega e di cui gli Usa appaiono ora non così convinti come si crederebbe a prima vista.
Un lavoro cinquantennale (iniziato con Nixon e Kissinger in Cina) non può essere buttato alle ortiche e di fatto l’unipolarismo Usa ha dovuto essere abbandonato. Ma si tratta sempre di teoria della deterrenza e quindi si cammina sempre sul filo del confronto nucleare.
Kissinger, negli anni Cinquanta del Novecento, con eccezionale coraggio sfidò Eisenhower e Foster Dulles insegnando al mondo che esisteva una via di uscita dalla guerra nucleare. Oggi siamo piombati in un universo culturale pre-kissingeriano e quindi i protagonisti delle relazioni internazionali si sono trasformati in sonnambuli profeti di guerra. Fermiamoci.
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