Si sono concluse – dopo quasi un anno e mezzo – le indagini sul terribilmente drammatico naufragio al largo di Cutro che costò la vita a 94 migranti tra i quali 35 bambini e minorenni: il quadro inquisitorio punterebbe i riflettori su almeno sei persone, quattro agenti della Guardia di Finanzia e due della Guardia Costiera; tutti con l’ipotesi di reato (che dovrà essere verificata dai giudici di tutti e tre i gradi di giudizio) di omicidio colposo plurimo e naufragio colposo. Il punto attorno a cui ruota l’inchiesta – ma ci arriveremo tra qualche riga – è che la strage si sarebbe potuta evitare se si fossero rispettati correttamente tutti i protocolli operativi per il salvataggio delle vite in mare.



Tornando un attimo indietro al febbraio del 2023 (ed in particolare alla notte tra il 25 e il 26) ricordiamo che quella sera Frontex individuò il caicco ‘Summer Love’ – al largo delle coste di Cutro: la segnalazione – da protocollo – fu inviata alla Guardia di Finanza che inviò due navi da Taranto e Crotone. Le condizioni meteo sfavorevoli – nell’inchiesta di parla di “mare forza 4” – costrinsero le navi militari a tornare al porto e per l’intervento si dovettero attendere poco meno di sei lunghe ore; insufficienti per evitare il naufragio a Cutro e la morte tragica di migranti e bambini.



Naufragio a Cutro: cosa dice la Procura sulle responsabilità di GdF e Guardia Costiera

Tornando al presente: secondo gli inquirenti sia la Guardia di Finanza che la Guardia Costiera non avrebbero fatto abbastanza per portare a termine il “prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo” di salvare le vite in mare; così come non avrebbero rispettato neppure “l’obbligo di comunicare e di acquisire tutte le informazioni idonee a incidere sulla valutazione dello scenario”. In altre parole: il naufragi di Cutro si sarebbe potuto attivare con l’azione tempestiva da parte della GdF e della Guardia Costiera; ma da entrambe le parti si sono rilevate delle importanti pecche



Dal lato dei finanziari – sempre secondo la Procura, citata dal Corriere – si decise di agire in modalità ‘low enforcement’ (ovvero: come se fosse una normale operazione di polizia); mentre dal lato dei costieri non ci si preoccupò di attivare – come prevede il protocollo – le operazioni Sar: secondo la legge (ricorda RaiNews) quando si parla del salvataggio delle vite in mare non si possono fare distinzioni tra operazioni Sar e operazioni di polizia.

Come se non bastasse, il capoturno dei finanzieri in quella notte comunicò ai colleghi marittimi di aver inviato “un nostro mezzo [che] sta aspettando il targer – ovvero la barca protagonista dei naufragio a Cutro – a due/tre miglia dalla costa“; mentre secondo le indagini quella stessa imbarcazione in quel momento si trovava al porto in attesa di rifornimenti.

Matteo Salvini: “Assurdo indagare chi salva ogni giorno le persone rischiando la propria vita”

“Conosco la competenza e la dedizione di tutti gli appartenenti alla Guardia di finanza e alla Capitaneria di porto – ha commentato dopo la chiusura delle indagini il ministro Matteo Piantedosi – che profondono il massimo impegno nella (..) opera di salvataggio di vite umane e nel contrasto ai trafficanti”; dicendosi certo che “nel prosieguo del procedimento giudiziario” tutti e sei gli indagati per il naufragio di Cutro “dimostreranno la loro estraneità rispetto ad ogni possibile responsabilità”, ribadendo che “anche per i servitori dello Stato” vale l’ineluttabile “principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva”.

Prevedibilmente più duro – invece – il commento del vicepremier Matteo Salvini che ricorda come “non solo [Guardia di Finanza e Guardia Costiera] rischiano ogni giorno la loro vita per salvare il prossimo, ma corrono addirittura il rischio di essere arrestati in caso di disgrazia”. Il leader del Carroccio – poi seguito anche da Giancarlo Giorgetti e da Maurizio Gasparri – ha espresso il suo “incondizionato sostegno ed il mio abbraccio a donne e uomini [di] ogni forza armata e dell’ordine”.