Durante la puntata speciale di questa sera della trasmissione ‘Un giorno in pretura‘ si tornerà a parlare del terribile naufragio Lampedusa dell’11 ottobre 2013, passato alla storia con il nome di ‘naufragio dei bambini‘ per via dell’altissimo numero di minori che si trovavano a bordo del peschereccio e che persero tragicamente la vita a causa di un rimbalzo di responsabilità tra l’Italia e Malta durato alcune ore: un tempo sufficiente per far ribaltare la barca, mentre le ultime luci del giorno si affievolirono rendendo ancora più complesse le operazioni di soccorso e salvataggio.



Per capire nel dettaglio cosa è successo quell’11 ottobre 2013 dobbiamo tornare indietro di qualche ora per approdare sulle coste libiche in cui i trafficanti Khaled e Mohamed fecero partire il peschereccio ammassandoci sopra più di 400 migranti: era un periodo storico complesso, con l’Italia esasperata dagli sbarchi e le autorità libiche che avevano avviato una vera e propria lotta all’emigrazione grazie al supporto della locale Guardia costiera.



Fu proprio un comando di militari libici a raggiungere la nave protagonista del naufragio Lampedusa qualche minuto dopo lo sbarco, intimandole inizialmente di fermarsi e tornare indietro, per poi aprire il fuoco: in un primo momento verso il cielo, poi contro le persone che si trovavano a bordo ed – infine – contro lo scafo che semi distrutto fu abbandonato al suo destino non appena uscì dalle acque territoriali libiche.

Naufragio Lampedusa: cosa è successo l’11 ottobre 2013 e perché i soccorsi tardarono

Dopo una navigazione per nulla semplice, con decine e feriti, parecchi morti a bordo e un vascello crivellato dai proiettili, l’11 ottobre 2013 attorno alle 12:26 (si scoprirà più tardi: dopo diverse altre chiamate ignorate) viene lanciato l’allarme alla Guardia costiera italiana da un medico che si trovava a bordo della nave e che fece presenti le condizioni – a dir poco – critiche della nave e dei suoi passeggeri, mettendo in chiaro che a bordo c’erano anche un centinaio di bambini, in parte già morti sotto i proiettili libici.



Immediatamente partirono le valutazione della Guardia costiera, che individuò la nave del naufragio Lampedusa a circa 60 miglia dalle coste siciliane in un territorio tecnicamente di competenza maltese e nonostante a circa un’ora di distanza di navigazione dal peschereccio si trovasse la nave militare italiana ‘Libra‘, l’allarme fu trasferito alle autorità maltesi. Nel frattempo sono già le 14:35 e seppur Malta abbia accettato di assumere il comando dell’operazione – e la Libra sia stata inviata ad ‘ombreggiare’ l’imbarcazione, seguendola da distante senza farsi notare – nessuno è anche intervenuto: bisognerà attendere almeno fino alle 16:22 per ricevere informazioni da Malta.

In quel momento – infatti – le autorità maltesi individuarono grazie ad un aereo l’imbarcazione e decisero di non intervenite (rimbalzando ancora una volta la palla all’Italia) ritenendo la nave protagonista del naufragio Lampedusa “instabile e sovraffollata“: seguì un silenzio interminabile, fino a quando sempre da Malta alle 17:07 avvertirono che il peschereccio si era ribaltato su se stesso; e solo in questo momento la Libra e le autorità italiane assunsero la guida delle operazioni, arrivano sul posto attorno alle 17:50 quando ormai era troppo tardi. Quel giorno morirono 268 persone (in larga parte siriani) di cui 60 bambini.