Cadaveri lungo la spiaggia, i relitti di un barcone affondato, decine di dispersi tra cui molti bambini: non sono ancora chiare le esatte circostanze del naufragio dell’altra notte sulle coste calabresi vicino a Crotone, ma ci sono tutti i caratteri dell’ennesima tragedia, altre decine di morti da aggiungere alla tragica contabilità di chi, cercando un approdo in Europa, è finito in fondo al mare.
È subito cominciato il palleggiamento delle responsabilità, anche se questa volta ci sono elementi diversi dal solito come il luogo del disastro, lontano dal Canale di Sicilia, e la lunghezza del viaggio: quattro giorni – sembra – per un rottame partito da Smirne e che ha costeggiato tutta la Grecia senza sbarcare (perché?) prima di finire nella tempesta, naufragato forse anche per una esplosione a bordo, come confermerebbero le ustioni su molti dei cadaveri recuperati.
L’imbarcazione era stata individuata per la prima volta nella serata di ieri da un aereo di Frontex in pattugliamento a circa 40 miglia dalle coste calabresi. Immediatamente era partita la segnalazione ai soccorritori che erano usciti in mare con una motovedetta e un pattugliatore della guardia di Finanza, costretti a rientrare per il maltempo.
Un’altra strage cui hanno fatto seguito le solite dichiarazioni, qualcuna stucchevole, qualcuna inopportuna.
Per esempio la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola che piange i morti e sostiene che “Gli Stati membri devono farsi avanti e trovare una soluzione. L’Ue ha bisogno di regole comuni e aggiornate che ci permettano di affrontare le sfide della migrazione”. Detto dalla rappresentante ufficiale di Malta, Stato Ue che nega ogni diritto di sbarco, fa una certa impressione, così come le fin troppo scontate parole di Ursula Von der Leyen che – addolorata – annuncia “il raddoppio degli sforzi europei per un patto sull’immigrazione nel Mediterraneo centrale”. Non occorre essere dei matematici per capire che pur raddoppiando le quantità, se si è prossimi allo zero alla fine non si aumenta di molto.
Per una volta lo stesso Mattarella esce dal consueto aplomb quirinalizio e chiede quasi con forza più incisività europea. Non è molto ma è già qualcosa, mentre la politica italiana – a parte il dolore di prammatica – come sempre si divide: “Se ci fossero state le navi delle Ong rallentate dal governo” si afferma a sinistra, dimenticando che l’area calabrese è sempre stata fuori dalle rotte dei “pattugliamenti” umanitari.
Proprio Mattarella, comunque, mette il dito sulla piaga, con quell’accenno finalmente forte ad inesistenti politiche europee che di fatto lasciano soli i Paesi di primo ingresso che – a dispetto di quanto si possa pensare – sono bel lungi dall’essere “chiusi”.
I dati parlano chiaro: al 24 febbraio 2023 erano sbarcati quest’anno dal fronte sud 13.067 immigrati “ufficiali” contro i 5.273 dell’anno scorso, con un aumento di oltre due volte e mezzo, mentre al 31 dicembre 2022 nei centri di prima accoglienza c’erano a bivaccare ben 107.269 persone rispetto alle 105.140 arrivate in tutto il 2022. Come dire che chi arriva e viene salvato (nessuno sa quanti sbarcano e spariscono senza passare dai canali ufficiali) resta poi in un limbo di disperazione senza alcun assorbimento.
Eppure prosegue imperterrito ed inossidabile il solito mercato di carne umana: anche nel 2023 si tratta in gran parte di migranti economici e non politici (nel 2022 meno della metà degli arrivati ha infatti chiesto asilo). Su 13.000 arrivi censiti ci sono solo 362 siriani e ancor meno afghani rispetto ai 1.614 migranti dalla Guinea, i 1.511 dalla Costa d’Avorio, o i 997 provenienti dal Pakistan. Gente che è arrivata sulla costa d’imbarco dopo aver pagato i trafficanti e perfino i passaggi aerei grazie ad un costoso ma ben oliato meccanismo criminale.
Alla fine si ritorna sempre al punto di partenza: “Cosa ha fatto l’Unione Europea in tutti questi anni? Dov’è l’Europa che dovrebbe garantire sicurezza e legalità? Che fine hanno fatto le operazioni di dialogo con i Paesi d’origine dei migranti?”. Sono le domande che ci poniamo tutti, ben espresse dal presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto “Tutte domande che, purtroppo – aggiunge Occhiuto – ad oggi non hanno alcuna risposta”.
Riuscirà il governo italiano ad imporre il problema all’agenda europea e soprattutto ad avere qualche riscontro? Un banco di prova per la Meloni, chiamata ad affrontare un’emergenza dai molti risvolti politici e sulla quale giocherà una buona fetta della propria credibilità interna ed internazionale.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI