Una barca a vela proveniente dalla Turchia con 66 dispersi, tra cui 26 bambini, e 12 naufraghi è stata portata a Roccella Ionica. Un’altra imbarcazione in legno in arrivo dalla Libia, sulla quale sono state trovate 11 persone morte, è stata soccorsa a sud di Lampedusa. Le nuove tragedie del Mediterraneo ripropongono i temi del soccorso marittimo ai migranti e della collaborazione da parte dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum.
Quello che manca per un’azione più efficace, spiega Fabio Caffio, ammiraglio esperto di diritto internazionale marittimo, è proprio una maggiore collaborazione fra tutte le nazioni dell’area, soprattutto con Malta, che non ha accordi con l’Italia. Per contro, anche l’UE non ha tra i suoi compiti quello di assumersi responsabilità SAR. Lascia tutto alle scelte dei singoli Paesi.
La barca a vela avvistata con 12 superstiti a bordo, ma che conta 66 dispersi, sarebbe stata intercettata da una nave francese nella notte mentre imbarcava acqua al limite delle aree SAR di competenza di Grecia e Italia. Come funziona il sistema di controllo? Per quello che sappiamo non era possibile individuarla prima?
Questa è la ricostruzione della sciagura secondo notizie di agenzia. Colpisce la precisazione che essa sarebbe avvenuta a più di 100 miglia dalle più vicine coste italiane, al limite delle zone di soccorso (SAR) di competenza di Grecia e Italia. L’imbarcazione francese, dopo averne avuto contezza, avrebbe salvato 12 dispersi e inviato una richiesta di soccorso cui avrebbero risposto solo le nostre autorità SAR, dirottando sul posto due mercantili e inviando propri mezzi. Nulla si sa di cosa abbiano fatto le autorità SAR greche che, oltre ad essere competenti per parte del tratto di mare percorso dal veliero, dovrebbero aver ricevuto la richiesta di soccorso avanzata dai francesi. Da notare che Italia e Grecia sono tenute a collaborare, nel caso di eventi simili a quello accaduto, in forza di un accordo di cooperazione SAR del 2000. Sarebbe interessante sapere se c’è stata un’interlocuzione tra i rispettivi centri di soccorso.
Anche sull’imbarcazione in legno individuata dalla nave Nadir della ONG ResQship sono state trovate 11 persone morte soffocate nel piano inferiore, stipato all’inverosimile: se fosse assodato, come pare, che si trovava in acque SAR maltesi potrebbero esserci delle responsabilità delle autorità di quella nazione?
Malta continua ad avere un basso profilo in tutte le questioni SAR che la riguardano. Ha un accordo di cooperazione con Tripoli di cui però non si sa molto, e con Atene, ma non con noi. Tra l’altro, è notorio che adotta – come del resto fa la Grecia – una concezione del pericolo (distress) che è alla base dei soccorsi diversa dalla nostra, non intervenendo a titolo precauzionale qualora l’imbarcazione interessata non lo richieda espressamente.
Le due imbarcazioni protagoniste di questi ultimi eventi provenivano dalla Turchia e dalla Libia: rimangono queste le due direttrici principali dei flussi migratori? C’è una sufficiente collaborazione tra i Paesi interessati a queste rotte o ci sono delle carenze normative e difficoltà di rapporti che ostacolano il controllo della situazione?
Le rotte migratorie provengono da varie direttrici, da ovest, sud ed est, ma i flussi continuano ad essere consistenti dalla Libia e non irrilevanti dalla Turchia; in calo invece quelli dalla Tunisia dopo gli impegni assunti con l’UE e l’Italia. Non si capisce tra l’altro come Ankara continui a tollerare partenze illegali e pericolose dalle sue coste. Ci si dovrebbe aspettare che la Turchia, sostenendo la linea lanciata nel recente G7 a mettere in atto una coalizione contro i traffici di migranti, si impegni ad ostacolare le attività illegali che riguardano il suo territorio.
I passeggeri del veliero proveniente dalla Turchia hanno denunciato il fatto che alcune imbarcazioni passate nelle vicinanze non si sono fermate per soccorrerle. Che obblighi hanno le singole navi nel soccorrere altre imbarcazioni, devono intervenire comunque?
Certo. Le convenzioni internazionali affermano chiaramente l’inderogabilità sia degli obblighi di soccorso delle navi che vengano a conoscenza di imbarcazioni in pericolo, sia delle responsabilità degli Stati e delle loro organizzazioni SAR. Ma c’è di più. Il reato di omissione di soccorso previsto dal nostro Codice della navigazione ha un’ampia portata. Forse sarebbe il caso di ottenere informazioni dalle autorità SAR elleniche e turche, per quanto a loro conoscenza, sullo svolgimento dei fatti. Tra l’altro, con la Turchia si dovrebbero avviare forme di cooperazione giudiziaria relativamente agli illeciti connessi alla morte delle persone che viaggiavano con quelle approdate a Roccella Jonica in relazione al reato universale di “Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina” introdotto con il Decreto Cutro n. 20/2023.
UNHCR, OIM e UNICEF parlano di 800 morti e dispersi da inizio anno nel Mediterraneo centrale, 5 al giorno, e chiedono di potenziare le operazioni di ricerca e supporto in mare a supporto della Guardia costiera italiana: cosa manca al sistema italiano ed europeo per riuscire a monitorare meglio la situazione intervenendo per salvare vite umane?
L’organizzazione SAR italiana è perfettamente adeguata alle sue responsabilità sia per i mezzi, sia per lo slancio con cui adempie alla sua missione. Chiaramente, queste responsabilità vengono esercitate nella zona SAR di competenza italiana. Nelle altre dovrebbe esserci una cooperazione fra i Paesi responsabili, cosa che manca nel Mediterraneo. Ci sono accordi fra l’Italia, l’Albania, la Grecia, la Croazia e l’Algeria, ma non con Malta. Con la Tunisia è avviata un’interlocuzione: si sta assumendo le sue responsabilità avendo finalmente proclamato la sua zona SAR. Per la Libia i problemi sono connessi alla mancanza di garanzie per la protezione internazionale delle persone aventi titolo. Per l’UE c’è una mancanza di competenze: la normativa europea non prevede fra i compiti dell’Unione l’assunzione di responsabilità SAR. Ogni Paese procede per conto suo, soprattutto in relazione alla questione del luogo di sbarco e del regime del regolamento di Dublino.
(Paolo Rossetti)
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