C’è un aspetto di Aleksej Navalny, morto venerdì 16 febbraio 2024 in un carcere di massima sicurezza in Russia dopo 300 giorni di isolamento, che è sconosciuto ai più. Si tratta del suo essere credente, cristiano. A recuperare questa dimensione religiosa di Navalny ci ha pensato La Nuova Europa, il portale d’informazione indipendente diretto da Marta Carletti Dell’Asta che, già domenica 18 febbraio 2024, ha pubblicato un lungo articolo, aperto dalla cronistoria del percorso politico del dissidente russo, a volte contraddittorio, e concluso con uno scritto dello stesso oppositore di Putin. Non poteva essere diversamente, perché La Nuova Europa rappresenta l’evoluzione della rivista Russia cristiana ieri e oggi, fondata nel 1960 da padre Romano Scalfi, la rivista che ha fatto conoscere in Italia il samizdat, l’editoria clandestina che nell’allora Unione Sovietica ha mantenuto vivo lo spirito dei dissidenti. Ed è alla Pasqua del 2014 che La Nuova Europa fa risalire il post titolato “Cristo è risorto, cristiani ortodossi!”, con il quale Navalny augurò a tutti, credenti e non credenti, “Buona festa della Risurrezione. Buona festa dell’inevitabile vittoria del Bene!”.
In quel post, il dissidente nato il 4 giugno 1976 a Butyn’, nella regione di Mosca, raccontò d’esser stato “ateo fino ai 25 anni, e per giunta piuttosto militante. Ora sono credente, ma siccome mi ricordo bene com’ero prima dei 25, non mi fanno orrore, non mi sconvolgono né mi stupiscono più di tanto le posizioni anticlericali, le interpretazioni fanaticamente scientifiche dell’ordine del mondo e la presa in giro della religiosità ostentata. Anzi, quest’ultima ha persino una sua utilità. Tuttavia, mi pare che proprio la Pasqua possa pretendere al titolo di Festa di Tutti. È decisamente meglio del Capodanno, amici miei”.
Il primo oppositore di Putin proseguiva scrivendo che la Pasqua “è la festa dell’inevitabile trionfo del Bene sul male. La festa della speranza. La festa della fede in un futuro migliore”. E si chiedeva “Contro che cosa si era battuto il Signore?”, rispondendo “Contro la menzogna, l’ipocrisia, la schiavitù, l’ingiustizia, l’usurpazione del potere da parte di delinquenti e ladri. Contro tutto quello che maggiormente ci disgusta, che ha disgustato molti prima di noi e disgusterà molti dopo di noi. E fu molto dura per Lui. Non aveva chi potesse sostenerlo, cose come i nostri meeting erano proibite, gli Omon lo tormentavano con le lance, i mass media erano sotto il controllo dei farisei, al potere c’erano dei furfanti con proprietà immobiliari all’estero. E dei dodici che componevano il comitato centrale del suo partito, uno era un provocatore, un traditore che si era venduto per soldi e si era messo al servizio dell’Ufficio centrale per la lotta all’estremismo del tempo”.
Navalny era consapevole della passione di Gesù, frustato “sulla schiena con una sferza uncinata a sette corde. I malvagi distrussero tutto quello che era stato fatto. I discepoli furono costretti a rinnegarlo. Lui stesso fu torturato e ucciso. E tutto crollò e calarono le tenebre”. Nuovamente, il dissidente si chiedeva “che cosa sono tutte le nostre difficoltà e i nostri problemi in confronto a ciò che ha dovuto provare Lui?”. Ma Aleksej era certo che “il Bene, la Giustizia, la Fede, la Speranza e la Carità ebbero comunque la meglio. E vinceranno sempre”, aggiungendo che “È scritto in una strana frasetta in una lingua incomprensibile, che oggi viene ripetuta un milione di volte di seguito: Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte e ha dato la vita a coloro che erano nei sepolcri”.
Per questa fede Navalny concludeva il suo post augurando “Buona festa della Risurrezione a tutti voi, credenti e non credenti. Buona festa dell’inevitabile vittoria del Bene!”. La testimonianza recuperata da La Nuova Europa aiuta a comprendere la decisione di Aleksej di tornare in Russia appena rimessosi in sesto, alla meglio, dall’avvelenamento con il novičok subito nel 2020. Una decisione che lo esponeva a nuovi pesanti rischi per la sua vita. E quella testimonianza spiega anche la serenità, a tratti l’ironia, con la quale ha vissuto gli ultimi suoi anni passando da un processo all’altro, di carcere in carcere, fino all’isolamento oltre il circolo polare artico, prigioniero di un potere che vuol far girare all’incontrario le lancette della storia.
Le ultime, recenti immagini da vivo lo ritraggono dentro una gabbia in un tribunale russo, sorridente, sereno e un po’ ironico, mentre mostra un foglio di carta con la scritta “Io non ho paura e non abbiatene nemmeno voi”. Era diventato troppo pericoloso per quel potere, che non sopportava che qualcuno non avesse più paura del regime e lo testimoniasse a tutti, direttamente dalla prigionia oltre il circolo polare artico. Già nel 1978 Vaclav Havel, ne Il potere dei senza potere, aveva ricordato che il pericolo più forte per i regimi è rappresentato da uomini senza paura.
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