LA RISCOPERTA DELLA FEDE NEL POLITICO-DISSIDENTE NAVALNY: IL SAGGIO A CURA DI ADRIANO DELL’ASTA
«Voleva essere un politico ed è stato un dissidente» ma ha riscoperto la fede in Dio e la speranza di una Russia «bellissima»: così Adriano Dell’Asta, docente di lingua e letteratura russa all’Università Cattolica di Milano, riassume l’epopea di Alexeij Navalny, il più noto “antagonista” del potere in Russia, avvelenato una prima volta nel 2020, incarcerato nel 2021 e morto nel gulag in Siberia lo scorso febbraio dopo quasi un anno in cella di isolamento. La storia di Navalny e della sua riscoperta di Dio è contenuta nell’ultimo saggio a cura di Adriano Dell’Asta e Marta Carletti Dell’Asta dal titolo “Io non ho paura, non abbiatene neanche voi”: si tratta di una serie di scritti dello stesso dissidente russo recuperati negli ultimi 10 anni di autentica lotta “a distanza” contro il Presidente Vladimir Putin.
Da interviste a riflessioni, da pensieri compositi fino a semplici “accenni”: così Navalny racconta e si racconta nella sua controversa e già discussa in vita opposizione strenua al Cremlino. Partito con posizioni nazionalisti non molto lontane dallo stesso Putin, con spinte xenofobe e con legami mai del tutto chiariti con forze estere fuori dalla Russia, Navalny secondo lo studio compiuto da Dell’Asta si è man mano avvicinato alle battaglie per una democrazia liberale fino ad arrivare a riconoscere il potere illiberale del Cremlino. E così si arriva agli ultimi anni quando Navalny ritorna in patria pur sapendo che sarebbe stato arrestato e forse qualcosa di più, accettando di «morire per la coerenza con la sua coscienza, per lasciar trionfare la verità e la libertà, contro la paura e l’odio alimentati dal regime».
“INFERNO, DOV’È LA TUA VITTORIA?”: NAVALNY E LA RUSSIA CHE SARÀ “BELLISSIMA”
E così nel saggio di Dell’Asta riemerge l’intera vita politica e sociale di Navalny, puntando però l’accento sull’esplicita ispirazione religiosa che lo ha accompagnato nell’ultimo decennio in vita: come anticipato con alcuni stralci su “Avvenire”, il discorso del dissidente russo fatto davanti a Boris Akunin riguarda la consapevolezza di una fede non granitica ma desiderosa di riscoprire la grandezza di Dio nella realtà anche più difficile. «Sono un tipico credente post-sovietico, e non ne vado fiero…», ammetteva Navalny prima della sua discesa effettiva in politica contro il Presidente russo.
In un lungo post social per la Pasqua ortodossa del 2014, il dissidente morto in Siberia quest’anno riconosceva nella celebrazione della Resurrezione di Gesù il senso più pieno dell’umanità, in quanto è la festa «dell’inevitabile trionfo del Bene sul male. La festa della speranza. La festa della fede in un futuro migliore». Navalany in più scritti riconosceva nei patimenti del Cristo un esempio e un modello a cui ogni problema dell’umanità contemporanea – compresa la Russia illiberale – non poteva che riferirsi: il Signore si è battuto contro ogni ipocrisia, menzogna, schiavitù, potere e lo ha fatto addirittura facendosi torturare e uccidere, «Cosa sono tutte le nostre “difficoltà” e i nostri “problemi” in confronto a ciò che ha dovuto provare Lui?».
È ancora il prezioso lavoro dei Dall’Asta a recuperare quanto Navalny ebbe a dire negli auguri per la sua ultima Pasqua passata sulla Terra, lo scorso 2023: «Questo giorno ci ricorda che non si può disperare, e per quanto sia faticoso, verrà il giorno in cui il male sarà sconfitto e gli uomini di nuovo gli diranno ridendo: “E allora morte, dov’è il tuo pungiglione; inferno, dov’è la tua vittoria?». Era convinzione di Navalny, chiosa il professore esperto di storia e letteratura russa, che il futuro di Mosca fosse destinato alla bellezza, unità a verità e giustizia: «occorre rendere bella la vita deturpata dal potere: e la Russia del futuro sarà “bellissima» e ciò è quanto di più intollerabile e insopportabile per il potere.