Quella che Gian Micalessin, corrispondente di guerra de Il Giornale, chiama “guerra segreta tra Israele e Iran” apre un nuovo fronte, questa volta addirittura nel Mar Arabico, al largo delle coste iraniane e indiane, lontanissimo dai precedenti teatri di scontro. Una nave commerciale israeliana è stata infatti colpita e danneggiata da un missile di provenienza iraniana. Si tratta di un portacontainer salpato dalla Tanzania e diretto in India. Danni comunque non così gravi da impedirle di proseguire il viaggio fino alla destinazione e nessuna segnalazione di vittime.
L’episodio fa seguito a quello, ben più significativo, di una nave iraniana facente parte di un gruppo di almeno una dozzina di altre e diretta in Siria, che trasportava petrolio e bombardata dagli israeliani. “Iran e Israele” ci ha detto ancora Micalessin “si combattono alla distanza perché nessuno dei due paesi ha interesse a scatenare il tanto temuto conflitto, ma la tensione ogni volta sale e potrebbe portare a effetti non trascurabili”.
Secondo lei si tratta della classica ritorsione dopo il bombardamento israeliano a navi iraniane degli scorsi giorni?
È un nuovo episodio che si inquadra in questo conflitto segreto e nascosto che da tempo ormai imperversa non solo nel Golfo Persico ma adesso anche nel Mediterraneo tra Israele e Iran. Si è parlato di una nave iraniana colpita davanti alle coste della Siria dove trasportava petrolio.
Per aggirare le sanzioni ovviamente.
Sì, siamo davanti a un conflitto in parte nell’ombra che però si ricollega allo scontro che già esiste sul terreno in Siria e a tutte le perturbazioni che si registrano nel Golfo con vari attacchi a petroliere.
Secondo varie fonti Israele sta facendo forti pressioni sull’amministrazione Biden perché non riapra gli accordi sul nucleare che Trump aveva interrotto. Israele si trova però ormai da circa due anni senza una stabilità politica interna, che forza avrebbe?
Ricordiamo che in Israele le questioni di sicurezza vanno al di là del fatto che non si trovi un equilibrio politico interno. Il Mossad e l’esercito sono macchine abituate ad operare anche in mancanza di una guida politica. Certo c’è la mancanza di un coordinamento stretto con gli Stati Uniti.
In che senso?
Nel senso che Biden ha congelato Netanyahu, accusato di essere tropo vicino a Trump quando questi era alla Casa Bianca. Questo influisce ed è uno dei motivi per cui gli israeliani non danno pubblicità alle operazioni contro l’Iran, anche e soprattutto perché queste operazioni rischiano di danneggiare e coinvolgere gli Stati Uniti in un momento in cui Biden sta invece cercando di riaprire un dialogo sugli accordi sul nucleare con l’Iran. Accordi che avevano una ragione ben precisa, quella di evitare uno scontro diretto con Israele che per l’America significherebbe un ritorno al coinvolgimento in Medio Oriente. Uno scenario che gli Stati Uniti vogliono evitare perché hanno fronti più importanti già aperti, quelli con la Russia e la Cina.
Nonostante queste scaramucce, questo conflitto sembra mantenersi su una posizione di equilibrio che evita l’escalation. O no?
L’Iran non ha mai avuto interesse a un conflitto diretto, in questo momento poi è molto debole sia militarmente che economicamente per le sanzioni e le conseguenze del Covid e soprattutto per l’eliminazione di Qasem Soleimani, che ha gettato nello scompiglio tutta la macchina militare iraniana. Non è nella situazione di confrontarsi in uno scontro diretto con Israele in cui sarebbe comunque svantaggiata militarmente.
Anche Israele però si guarda bene da una escalation.
Non c’è interesse a uno scontro diretto neanche da parte loro, che porterebbe a una reazione americana di cui nessuno sa la portata e che Israele non si può permettere. Senza la protezione americana Israele si troverebbe alla mercé del mondo arabo.
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