Una nave spia russa, la Akademik Pushin, salpata una settimana fa dal porto di Tartous, in Siria, base della Marina militare di Mosca nel Mediterraneo, per diverse ore ha sostato nel Canale di Otranto: all’inizio sopra il cavo OteGlobe, rete di connessione ottica fra Bari e la Grecia, poi si è posizionata in corrispondenza di un punto strategico del gasdotto sottomarino Tap, che porta il gas azero in Puglia.
Non solo: un’altra unità da guerra russa, molto probabilmente una corvetta della classe Steregushchiy, armata con missili cruise, due giorni fa ha sfiorato, a una distanza di soli 4 chilometri, un incrociatore americano che fa da scorta alla portaerei George H.W. Bush, l’ammiraglia della flotta militare statunitense.
Come vanno interpretate queste incursioni? Stanno a significare che forse in Italia, sulla sicurezza energetica, si sta combattendo un altro fronte, più meridionale, della guerra in atto fra l’Occidente e la Russia? Ne abbiamo parlato con il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan.
Una nave spia russa, la Akademik Pushin, è rimasta per ore ferma in una zona di mare dove si concentrano le tubature del gasdotto Tap, che porta gas dall’Azerbaijan. In quel tratto di mare, poi, passano anche importanti infrastrutture di comunicazione via internet.
In questi 10 mesi di conflitto non è la prima volta che navi da guerra russe solcano il Mediterraneo risalendo anche lungo l’Adriatico. Solo un paio di mesi fa la nostra Marina militare, sempre molto vigile, si è adoperata per seguirle da vicino.
Sta di fatto che questo avvistamento accade a pochi giorni dalla decisione Ue sul price cap, operazione di cui l’Italia si è intestata la vittoria, e nel giorno in cui la premier Meloni ha annunciato che il nostro Paese si candida a diventare uno snodo importante di approvvigionamento energetico per l’Europa. Mosca ci ha lanciato un avvertimento?
Anche se quello della Akademik Pushin è un viaggio addestrativo, è comunque un’azione di intimidazione, con cui si lancia un segnale: noi russi ci siamo e potremmo eventualmente colpire anche nel Mediterraneo. Ma questo rientra nella visione globale che oggi Putin e il Cremlino hanno della guerra in Ucraina.
Che cosa intende dire?
Noi occidentali tendiamo a considerare il focus di questo conflitto limitato all’Ucraina, all’Est Europa, tutt’al più al Mar Baltico, soprattutto dopo gli attentati contro i gasdotti NordStream 1 e 2. La presenza di navi russe nell’Adriatico conferma invece come la Russia stia giocando sull’intero scacchiere mondiale.
Ma non sono in difficoltà, praticamente impantanati, sul fronte ucraino?
È vero, ma hanno le capacità di agire in altri continenti, a partire dall’Africa, dove molti Paesi usufruiscono del supporto e della consulenza dei militari russi o delle milizie Wagner. Non solo: le immagini dai satelliti mostrano che la Russia sta potenziando le proprie capacità offensive anche nell’Artico. Ed è di questi giorni la notizia, da un lato, dello schieramento di 10mila uomini in Bielorussia e, dall’altro, delle esercitazioni aero-navali congiunte con la Cina, vicino alle isole Kurili, nell’estremo nord del Pacifico. Putin dà l’idea che non è assolutamente intimidito, anzi, che vuole giocare su un fronte ampio e per certi versi imprevedibile.
In effetti, subito dopo l’incontro Biden-Zelensky negli Usa, il leader del Cremlino ha subito risposto annunciando un riarmo della Russia e un ammodernamento degli arsenali, compresi i missili ipersonici, e ha affermato che per la difesa Mosca non farà mai mancare finanziamenti e risorse. Che cosa significa? È solo propaganda?
Non è la prima volta che Putin lancia questo messaggio rivolto all’esterno, è già successo anche per bocca del suo ministro della Difesa, Shoigu, o del suo portavoce Peskov che Mosca abbia parlato di questi nuovi armamenti per alzare il livello dello scontro. Ma Putin con quelle parole ha voluto mandare un messaggio soprattutto all’interno. Dopo aver perso in Ucraina circa 100mila uomini e dopo 10 mesi in cui ha conseguito risultati sul campo molto limitati, Putin ha voluto rassicurare i suoi soldati, invitando l’apparato della Difesa a fare di più.
Torniamo alle navi russe nell’Adriatico. Il Tap può diventare un obiettivo strategico sensibile, visto quello che è successo con i gasdotti Nord Stream? Dobbiamo temere in futuro atti di sabotaggio?
L’eventualità, al momento non suffragata da alcun elemento, non è da scartare. Anche perché i gasdotti che corrono sui fondali marini possono essere facilmente interrotti, sono infrastrutture molto vulnerabili: parliamo di migliaia di chilometri di pipeline difficili da controllare metro per metro. La presenza della nave spia russa vuol dimostrare la vulnerabilità dell’Occidente, e non solo dell’Italia, e la capacità potenziale della Russia, malgrado sanzioni e isolamento, di agire a tutto campo e di poter colpire i nostri punti più fragili, compresi quel milione e 300mila chilometri di cavi sottomarini dove transita internet.
Come si difendono infrastrutture così sensibili e vulnerabili?
Controllare tutto è impossibile, diventa fondamentale la prevenzione. Grazie ai radar, ai satelliti, ai droni è possibile monitorare da remoto lo spazio aereo e quello marittimo, cercando così di individuare in anticipo eventuali presenze dubbie. E questo compito di sorveglianza la nostra Marina militare lo sta svolgendo al meglio, tenendo presente che abbiamo anche una flotta sottomarina in grado di coadiuvare efficacemente questa azione di controllo.
Oltre alla Akademik Pushin, nell’Adriatico è stata avvistata un’altra unità militare russa molto vicina all’incrociatore che scorta la portaerei americana “George H.W. Bush”. Incontri così ravvicinati possono sfociare in incidenti?
Premesso che in questi casi si tratta sempre di provocazioni, non si corre questo rischio di collisione, perché oggi le navi si “parlano”, hanno sistemi di comunicazione con cui le due controparti possono “misurarsi” a distanza. I sistemi elettronici aiutano a evitare che possano verificarsi incidenti, come avveniva tra navi americane e sovietiche nel periodo della Guerra fredda.
Già a ottobre era stato lanciato l’allarme su una presenza crescente di navi russe nel Canale di Otranto. L’Italia sta diventando una sorta di secondo fronte, più a sud, nella guerra tra Russia e Occidente?
Qualsiasi azione aero-navale che interessa il Mediterraneo per forza riguarda l’Italia. Non tanto l’Italia come Italia, quanto l’Italia per la sua posizione geostrategica al centro di questo mare. Se poi consideriamo il fronte libico, con la presenza dei turchi, e la Siria, con le sue basi aeree e navali russe, il Mediterraneo, che rappresenta solo l’1% dell’intera superficie marittima mondiale, sta tornando a essere un punto cruciale dello scontro Est-Ovest, come durante la Guerra fredda.
Vulnerabilità delle pipeline; caso Qatargate che può portare a interruzioni nelle forniture di Gnl; Turchia molto aggressiva nel Mediterraneo, dalla Libia alle acque di Cipro, proprio sui giacimenti di petrolio e gas. Si può dire che oggi per l’Europa più che la guerra in Ucraina il nodo più delicato sia quello della sicurezza energetica?
Il problema più immediato è sicuramente quello dell’autonomia energetica, soprattutto per l’Italia. E in questa partita c’è Erdogan che, in mancanza di una capacità vera dell’Onu di districarsi in questo ginepraio, sta giocando un ruolo sempre più importante di intermediario. Erdogan è stato protagonista dell’accordo sul grano ed è l’unico che vende armi all’Ucraina, ma nel contempo parla con la Russia, con cui si è spartito la Libia e ha raggiunto un precario equilibrio in Siria. Non dimentichiamoci, infine, che proprio dalla Turchia passa il gasdotto che arriva in Italia dall’Azerbaijan, paese molto amico di Ankara.
(Marco Biscella)
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