Sarebbero più di una dozzina i veterani del corpo militare dei Navy Seals – gli omologhi americani della nostra Marina – morti suicidi dopo aver manifestato comportamenti violenti e sintomi che farebbero pensare a qualcosa di simile al noto ‘disturbo postraumatico‘: una realtà spesso (e troppo a lungo) taciuta, ma che è stata portata in luce da una lunga inchiesta del New York Times che ha scoperto l’esistenza di un segretissimo laboratorio di analisi che racconta una versione ben diversa da ‘PTSD’ citato prima. Le storie di quasi tutti i Navy Seals morti suicidi sono stranamente simili tra loro e parlano di soldati che dopo il servizio nell’esercito sono tornati a casa completamente cambiati, sempre vittime di insonnia, emicrania pressante, problemi di memoria e coordinamento; ma anche depressione, confusione, incapacità a svolgere anche i compiti più semplici, rabbia e comportamenti aggressivi.



Fenomeni (evidentemente) ben noti all’esercito americano che da decenni – ha scoperto il New York Times – esegue decine e decine di analisi sui cervelli dei veterani dei Navy Seals morti suicidi, coprendo tutti i risultati con il più classico ‘segreto militare’ e limitandosi a parlare pubblicamente – talvolta – del già citato disturbo postraumatico e – altre volte, più rare – della cosiddetta ‘encefalopatia traumatica cronica‘ che colpisce moltissimi giocatori di rugby e lottatori professionisti a casua delle ripetute botte in testa.



Cosa c’è dietro al boom di suicidi tra gli ex Navy Seals: la testi del New York Times

Tornando ai Navy Seals – come vi dicevamo – il NYT è riuscito a scoprire che dietro ai suicidi ci sarebbe una realtà ben diversa che ricollega il fenomeno a tutta una seria di danni incredibilmente simili tra loro: nei cervelli dei militari morti (o almeno: in quei pochi analizzati) è sempre stato riscontrato un tessuto cicatriziale più o meno esteso e denso collegato – anche se in realtà si tratta di un’ipotesi – alle onde d’urto generate delle armi. In altre parole: i Navy Seals morti suicidi avevano un cervello pesantemente compromesso, in parte cicatrizzato a causa del vuoto creato dalle onde d’urto che si propagano e rimbalzano tra i tessuti senza trovare una ‘via di fuga’.



Ma cosa sono queste onde d’urto di cui parla l’inchiesta del New York Times? La risposta è semplicissima e va ricercata nelle violente e ripetute esplosioni a cui assistono i Navy Seals durante tutto il loro addestramento e sui campi di battaglia, tra mortai, granate, missili di vario tipo e armi di calibro pesantissimo. Nonostante il lunghissimo silenzio, interpellati dal NYT i vertici del Seals parlano di un “obbligo morale di proteggere la salute cognitiva e l’efficacia” dei soldati, “limitando l’esposizione alle esplosioni e sta partecipando attivamente alla ricerca”; ma oltre alla dichiarazioni ad oggi non sembra che ci sia mai stato alcun cambiamento nel protocollo di addestramento o negli equipaggiamenti in dotazione ai soldati.