La cosca Molè di Gioia Tauro avrebbe voluto uccidere il pm Roberto Di Palma, ex sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e oggi procuratore dei minori. Questa, secondo Ansa, la rivelazione di un collaboratore di giustizia durante l’udienza di un processo che si celebra a Palmi all’esito di un’inchiesta della Dda sul traffico internazionale di cocaina per il quale Rocco Molé, noto “Roccuccio”, sarebbe stato condannato a 20 anni di carcere con rito abbreviato.
Autore della dichiarazione, secondo l’agenzia di stampa, sarebbe Domenico Ficarra, detto “Corona”, pentito sentito nel processo “Nuova narcos europea” attualmente in corso. Stando alla testimonianza, il magistrato sarebbe finito nel mirino nell’ambito di una presunta ritorsione della cosca di Gioia Tauro per uno scontro verbale del 2018 tra il boss Mommo Molè, padre di Rocco Molè, e lo stesso Di Palma.
‘Ndrangheta, la testimonianza del pentito sulla presunta volontà di uccidere il pm Di Palma
Secondo il racconto del pentito Ficarra, riporta ancora Ansa, la genesi della volontà di uccidere il pm Roberto Di Palma covata in seno alla costa Molè di Gioia Tauro sarebbe da rintracciare in un livido confronto, avvenuto durante un processo di 6 anni fa, tra il boss e il magistrato, oggi procuratore dei minori. “Vi piace vincere facile – avrebbe affermato il primo in aula, durante un’udienza –. Sempre con noi ce l’avete, vi volete fare pubblicità sulle nostre spalle“.
Parole alle quali Di Palma allora avrebbe risposto come segue: “Noi la trattiamo per quello che è, signor Molè. Un mafioso. E trattiamo i suoi figli per quello che sono, mafiosi. Noi facciamo indagini e il nostro scopo non è certo farci pubblicità o acquisire notorietà. Se fosse vero, considerato l’arresto ogni due mesi, dovrei essere procuratore nazionale e invece sono un semplice pubblico ministero. Lei, invece, signor Molè, non è nessuno. Come vede, qui non ci sono giornalisti, non ci sono telecamere perché lei, signor Molè, non conta più niente“. Le frasi del magistrato, secondo la tesi del collaboratore di giustizia, avrebbero provocato una reazione di Rocco Molé il quale, stando al racconto dello stesso pentito, avrebbe minacciato il pm Di Palma davanti ad altri affiliati della cosca di ‘ndrangheta: “Adesso ti faccio vedere io chi sono i Molé“.