Ho perso il filo della mia musica solista e della vita in generale. Sono davvero perso, Xxx. Non c’è nulla che tu possa fare. Vorrei ci fosse. Grazie comunque”. Così scriveva poche settimane prima del suo suicidio Neal Casal a un’amica.

Parole terribili, che dicono tutto quello che c’è da sapere sulla scelta, che nessuno, avesse solo ascoltato i suoi dischi o lo avesse anche conosciuto di persona, avrebbe mai potuto immaginare. Neal Casal era non solo un autore di canzoni splendide, di valore più alto della norma, solari, ma anche introspettive, sperimentali, ma pure semplici e legate alla classica lezione country rock, psichedeliche ma anche di puro rock’n’roll sporcato di funk e R&B vigoroso. Era un musicista completo, e dall’ascolto di un suo disco, anche nei momenti più introversi, dolorosi, si usciva sempre con un rinnovato sentimento, vogliosi di vivere, “You will have your day in the sun Your day will come, your day will come”.



Per chi lo ha conosciuto di persona, era un ragazzone sempre sorridente, umile, positivo, pieno di spirito di avventura: un Jack Kerouac giovane su una tavola da surf, unico luogo dove trovava forza, vigore, lucidità mentale.

Nessuno in entrambi i casi avrebbe mai pensato che uno così si sarebbe mai potuto suicidare, appendersi a una sporca corda di canapa, annaspare nel respiro fino a spezzarsi il collo, rinunciare a tutto.



Il rock’n’roll è una storia sordida, sporca, non è quello che ci vendono da sempre sui giornali dalla carta patinata, nei video, su Internet. Se solo scostiamo la tenda, vedremo cosa che non avremmo mai voluto vedere. E’ una storia di inganni, di sfruttamenti, di tradimenti, di gelosie e in fin dei conti come in tutti gli ambienti al mondo è una storia dove ognuno tira a pensare a se stesso.

Certo, Neal non aveva avuto una infanzia facile, e questo può aver influito. La classica storia, alla Kurt Cobain: un padre che se ne va di casa e costringe lui e la madre a una vita difficile, con continui spostamenti, anche sei due poi avrebbero recuperato il loro rapporto. Raccontava Neal: “Ricordo il giorno quando avevo 13 anni e papà venne a trovarmi. Mi chiese cosa volevo per Natale e io dissi un Atari. Lui rispose: ‘Dai, Neal, puoi fare di meglio. Ti vedo sempre con la tua radio che suona musica, vuoi più dischi? Vuoi suonare uno strumento? Nient’altro che un Atari? Raccoglierà la polvere solo dopo pochi mesi. Voglio portarti qualcosa di utile. “Ho detto timidamente, Mi piace la chitarra e i suoi occhi si sono illuminati e ha detto: Certo! ti prendo una chitarra, almeno imparerai qualcosa”.



Perdere il padre e la casa in età adolescenziale è un trauma che può segnare le anime più sensibili e dalle sue canzoni si percepisce quanto Neal fosse una di queste anime.

L’esordio, dopo aver militato in una band di southern rock ormai sul viale del tramonto rivelando di essere un ottimo chitarrista solista, è il capolavoro Fade away diamond time, 1995.

Come ha ben scritto Enzo Curelli, “Ballate puntellate da Hammond (Day In The Sun), steel guitar (Maybe California), armonica (il valzer finale Sunday River), quasi gospel nel crescendo di One Last Time, con musicisti favolosi come Don Heffington alla batteria e esperti fuoriclasse come Greg Leiszt e Bob Glaub. Ballate elettriche che sanno di libertà (lui, grande amante del surf e della fotografia) come Detroit Or Buffalo, come Free To Go che va diritta dalle parti dell’amato Neil Young, o quella Feel No Pain battuta sui tasti di un pianoforte come fosse una canzone di Jackson Browne altro faro che illumina la sua arte. Senza dimenticare il primo amore, i Rolling Stones: “I Rolling Stones sono stati la prima band che ho amato davvero da bambino e mi hanno fornito la più importante educazione musicale. Mi hanno insegnato il blues, il folk, il R n ‘B, la musica giamaicana e il country. Tutte le cose che amo ancora oggi”.

Lodato dalla critica mondiale, definito il punto di collegamento con il sound west coast degli anni 70 (Jackson Browne e Neil Young in particolare) è però con questo disco che si accende sin da subito il primo campanello di allarme. Mentre si trova in tour a promuovere il disco, mi racconterà un giorno, suonò il telefono. Era la sua casa discografica: “Neal il tour è interrotto, ci hanno venduti a un’altra compagnia e non vogliono più pagare per i tuoi concerti, torna a casa”. Un colpo da spezzare in due chiunque: immaginatevi di essere stati appena assunti da una azienda che loda il vostro talento e vi promette una carriera assicurata licenziandovi invece dopo poche settimane.

Neal trova casa in Europa, come successo tante volte per brillanti artisti americani che vengono più apprezzati da noi per una larghezza culturale maggiore che gli americani non possiedono. Ma sono piccole etichette che gli permettono a malapena di sopravvivere, fino a quando nel 2005 viene invitato dalla stella nascente del cantautorato Ryan Adams a suonare con lui. Da persona umile come è, Neal ben si adatta a prestare la sua chitarra a un cantautore che, a parte i primi due dischi solisti e gli eccellenti Whiskeytown non è minimamente paragonabile a lui per capacità compositore. A Raffaele Concollato, ideatore e gestore del sito italiano dedicato a Casal (grazie Raffaele per quanto hai fatto) dirà: Alle volte era talmente ossessivo da “prendersi il meglio” :”sometimes he takes the best”. Era difficile lavorare in studio in modo serio con lui essendo difficilmente sobrio, nonostante ciò lo ritenevo geniale nei momenti in cui si metteva ‘sotto’ e scriveva e componeva i brani come se niente fosse”. In una intervista dirà: “Per un paio d’anni fummo in fiamme. Lo eravamo davvero. Stavamo suonando alcuni spettacoli fantastici scorrendo l’intero catalogo di Ryan, semplicemente bruciando quelle canzoni fino a terra. Ci siamo sentiti davvero fiduciosi per un po’. Avevamo molta sinergia, eravamo tutti molto connessi e tutti ci credevano. Stavamo sparando su tutti i cilindri. È stato fantastico farne parte”.

Ma nel gennaio 2009 Adams molla tutti e lascia Neal senza lavoro. Ma non si ferma, troppo l’amore per la musica. Altri dischi solista, il capolavoro Sweeten the distance, addolcisci la distanza, partecipazioni varie, fino al provino per entrare nei Black Crowes ma viene rifiutato. Quando il gruppo dei fratelli Robinson si scioglie ancora una volta, Chris Robinson lo invita a entrare nel suo nuovo gruppo. Casal è infatti tornato a un altro suo grande amore giovanile, i Grateful Dead, “il primo disco che comprai da ragazzo” e ha sviluppato una tecnica chitarristica impressionante. Anche qui, umilmente, si mette a disposizione di un altro autore, ma questa volta il suo contributo musicale di disco in disco è sempre più forte. Dirà il suo manager Gary Waldman quando poco prima del suicidio di Neal Chris Robinson decide di rimettere insieme i Black Crowes abbandonandolo ancora una volta in mezzo alla strada: “Quando la Chris Robinson Brotherhood finì, Neal Casal ne fu davvero sconvolto. Non attribuirei ciò che ha fatto a questo episodio. Ma abbiamo impegnato otto anni in questo lavoro e alla fine penso che fosse depresso per come finì tutto. Quella sera mi ha mandato un messaggio dalla Germania dopo l’ultimo spettacolo dicendo: “Non posso credere da quanto mi sento depresso per questo”. Aggiungendo: “Si rese conto che non avrebbe più passato tanto tempo con i suoi amici. Adam (MacDougall) e Neal avevano i Circles Around The Sun su cui avrebbero lavorato insieme. Ma non poter vedere Jeff Hill e Tony Leone fu  devastante per lui”.

Sono cose queste che chi scrive o suona rock’n’roll non dice mai. L’importanza dei rapporti umani, i sacrifici per costruire un sound e poi essere sbattuti via come spazzatura.

Tra l’altro i soldi che giravano erano pochissimi. Su internet un amico del bassista della CRB ha detto che veniva pagato 120 dollari a serata, altre volte a seconda dei biglietti venduti. Quanto avrà dato a Neal Chris Robinson? 300 dollari a serata?

In tutto, oltre ai suoi dischi solisti, Neal ha suonato e inciso con Circles Around the Sun, Ryan Adams & The Cardinals, Chris Robinson Brotherhood, Beachwood Sparks, The Skiffle Players e gli Hard Working Americans. Ha inciso un disco in coppia con la cantautrice Shannon McNally. Dal vivo ha suonato nella band di Lucinda Williams e quella di Phil Lesh, e contribuito alla musica per il 50esimo anniversario dei Grateful Dead.

Diversi amici hanno detto che avesse sacrificato troppo per la carriera e alla fine si fosse ritrovato con un pugno di mosche nella vita reale e probabilmente ha dovuto affrontare problemi concreti che non è riuscito a risolvere con una chitarra. Pare avesse infatti seri problemi economici.

E così venne il momento di guardare in fondo all’abisso e prendere una corda di canapa.

Nella mia ultima intervista con lui, un pomeriggio a Milano di fronte ai vecchi studi di Radio Popolare, in uno squallido e minuscolo baretto, non l’hotel a cinque stelle dove anni prima avevo intervistato Chris Robinson e poi Rich Robinson, a un certo punto gli chiesi di un brano in particolare. “Parla della fine di un lungo periodo di depressione” disse. “E’ nata mentre mi trovavo a Montauk nel Long Island. Non riuscivo a terminarla così me ne andai a fare un po’ di surf. Un paio d’ore dopo mentre mi trovavo seduto sulla tavola in mezzo all’oceano mi venne l’ispirazione. La finii lì in mezzo al mare senza nessuna chitarra tra le mani. Davvero un momento di sorprendente ispirazione”.

Nessuno di noi ha capito cosa ci fosse nel tuo cuore Neal, quanto dolore e che buco nero. La depressione è una malattia fottuta, ti colpisce ma nessuno intorno a te se ne rende conto. C’è ancora tanta, troppa ignoranza a riguardo. Sono la superficialità, la banalità, la presunzione degli altri che ci uccidono. Perdonaci Neal.

A un anno di distanza non passa giorno che non ti pensi. Non passa settimana che tiri fuori un tuo disco e ascolti qualche tua canzone, ma fa ancora troppo male ascoltarne troppe.

Adesso naviga sulla tua tavola da surf, continua a immergerti nel mare, quella fonte da cui tutti proveniamo. Prega per noi da lassù che abbiamo tentazioni di farla finita anche noi tante volte. Grazie della musica, grazie dei sorrisi, grazie delle parole. Sei libero di andare, adesso. Free to go.

Il prossimo 23 ottobre Fade Away Diamond Time viene finalmente ristampato con un apposito libretto di ricordi e testimonianze. Il disco era introvabile da tempo. Su Amazon, con il solito approccio da sciaccallaggio dell’azienda, dopo la morte era stato messo in vendita a cifre astronomiche, superiori ai 300 euro. Nel frattempo è nata una fondazione a lui dedicata , con lo scopo di sostenere economicamente musicisti con problemi mentali perché non facciano la stessa fine di Neal. Un crowdfunding aperto nei mesi scorsi, ha avuto un successo straordinario, raccogliendo in poco tempo ben 155mila dollari rispetto ai circa 20mila richiesti. Un segno dell’enorme affetto che tanti hanno avuto e ancora hanno per lui. Partecipando, si può comprare un doppio cd o un triplo vinile con sue canzoni incise da vari artisti che sarà disponibile il prossimo marzo, un elegante coffee table book contenente tante delle sue splendide fotografie (Neal era appassionato di foto), t-shirts e quant’altro. E’ una raccolta di fondi che rimarrà aperta per sempre. Per i tanti che soffrono.