Il capo gli nega il congedo parentale: “È un lavoro da donna”
Un responsabile delle vendite ha denunciato il suo capo per non avergli concesso un congedo parentale per assistere al figlio malato mentre la moglie era impossibilitata a farlo. Non si tratterebbe, però, tanto della permesso negato, quanto piuttosto della motivazione addotta dal capo: “È il lavoro di tua moglie“. L’uomo si sarebbe sentito avvilito, “umiliato e sconvolto” racconta, e ha deciso di rivolgersi al tribunale del lavoro.
L’uomo che non ha ottenuto il congedo parentale, insomma, avrebbe fortunatamente trovato l’appoggio del tribunale, che recentemente gli ha dato ragione, costringendo l’azienda ad un’ammenda da più di 26mila sterline. Secondo il giudice che si è espresso sul caso, insomma, il capo dell’uomo ha “una visione tradizionale dei rispettivi ruoli” di marito e moglie, e si tratterebbe a tutti gli effetti di “discriminazione sessuale“. Secondo il tribunale del lavoro, infatti, se si fosse trattata di una donna a chiedere il congedo parentale al capo, lui l’avrebbe concesso riservando “un trattamento meno favorevole” agli uomini, rispetto che alle donne. Non si tratterebbe, inoltre, di un caso isolato quello riportato dall’uomo, ma in altre occasioni si sarebbe sentito altrettanto denigrato ed umiliato.
La denuncia del dipendente contro il capo
Tutta questa storia del congedo parentale negato dal capo al dipendente uomo si riferisce a fatti accaduti in Gran Bretagna, a Manchester. A denunciare il capo è stato Andre Bailey, racconta il DailyMail, ed avrebbe citato il capo dell’azienda per cui lavorava, Ian Coll. I fatti sarebbero, invece, accaduti tutti tra il luglio 2019 e l’ottobre 2020, data in cui l’uomo avrebbe smesso di lavorare per l’azienda, denunciandone la condotta.
In occasione della richiesta di concessione del congedo parentale, il signor Coll risposte a Bailey, racconta quest’ultimo in tribunale, “Stai scherzando vero? Dovrebbe farlo tua moglie, no? È il suo lavoro“. Oltre a questo, però, un fatto analogo capitò nel marzo 2020 quando Bailey chiese a Coll di poter lavorare in smartworking al fine si sostenere ed aiutare la moglie nell’accudimento del figlio durante la pandemia. Inizialmente Coll si dimostrò favorevole, salvo poi lamentarsi durante il periodo di congedo parentale affinché Bailey tornasse a lavorare, “non è una dannata vacanza“, gli disse. Il tribunale, insomma, davanti a questi resoconti, ha ritenuto Coll colpevole, condannandolo a pagare 26 mila sterline di danni al signor Bailey.